17 aprile 2019

Il Presidente e l’Optical Art

 

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Victor Vasarely (1906-1997) ritorna dopo 55 anni d’assenza dalle esposizioni istituzionali con una grande retrospettiva dal titolo “Vasarely, le partage des formes” al Centre Pompidou di Parigi fino al 6 maggio. Sono ben trecento le opere che si dislocano lungo un percorso cronologico e tematico, tra cui alcune inedite, 75 dipinti, 59 tra oggetti e sculture, integrazioni architettoniche, pubblicità e primi studi.
A cavallo tra gli anni sessanta e settanta scoppia il “fenomeno” Vasarely, le forme e i colori del padre dell’Op Art sono ovunque, dal design alla moda, alle copertine di libri e dischi, fino a ridare dinamismo alla celebre Losanga Renault. L’universo dell’artista franco-ungherese è immediatamente riconoscibile, ed è oggi simbolo di quegli anni. All’enorme successo popolare, questo erede delle idee del Bauhaus, rispondeva: “Non sono per la proprietà privata delle creazioni. Che il mio lavoro sia riprodotto su chilometri di verde acqua non mi importa! Dobbiamo creare un’arte moltiplicabile”.
Un concetto questo che l’artista ha fatto suo durante tutta la sua carriera artistica. Già nei primi anni cinquanta con la serie Photographismes e Naissances usando il bianco e nero si ispirava al positivo e negativo dell’immagine fotografica, equivalente del linguaggio binario e della programmazione. Nei primi anni sessanta Vasarely sviluppò addirittura un alfabeto plastico composto da un lessico di sei forme geometriche incorporate in quadrati di colore puro, queste grazie a giochi combinatori restituiscono un linguaggio visivo globale.
Nella mostra, in questa fantasmagoria di colori in cui primeggia l’astrazione geometrica e la percezione dinamica delle forme in tutte le salse, la forma umana non sparisce del tutto ma si fa rarissima. Spicca la copertina dell’album di David Bowie, Space Oddity del 1969, in cui il volto del cantante è restituito da una foto di Vernon Dewhurst, che si staglia su cerchi blu e viola su sfondo verde, ispirandosi all’opera CTA-25-BC (1968) di Vasarely. Più discreto è l’Omaggio a Georges Pompidou (1976, ritratto in rilievo fronte/retro, 500 x 400 x 6 cm), una scultura realizzata da Vasarely insieme a suo figlio, l’artista Yvaral (1934-2002), che vede 38 listelli in alluminio disposti verticalmente che restituiscono un ritratto in bianco e nero dell’ex presidente della Repubblica, inscritto in un esagono. Quest’ultimo è un emblema della Francia che s’ispira alla forma geografica del Paese. Il ritratto istituzionale rigoroso di un uomo politico viene meno, senza posa, né galloni, qui se ne percepisce solo il volto, che per alcuni rimanda paradossalmente ai ritratti di potere di regimi totalitari. L’opera è presentata all’inaugurazione del museo nel 1977, sigillando il rapporto di collaborazione tra un collezionista e appassionato d’arte e un’artista d’avanguardia. Oggi quanti riconoscono nel ritratto monumentale appeso nel forum del Beaubourg il noto presidente? Un’evidenza per tanti ma non per tutti i 3,37 milioni di visitatori che ogni anno si recano al Pompidou, tra cui alcuni scopriranno stupefatti che si tratta del noto uomo politico un bel po’ borghese, che ha dato vita al più grande museo d’Arte Moderna d’Europa. (livia de leoni)

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