04 luglio 2019

CINEMA

 
Disney spacca la realtà
di Domenico Sgambati

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In uno dei passaggi più affascinanti di Dragon Trainer 3, titolo DreamWork del 2019, gli abitanti di Berk, villaggio vichingo immaginario, attraversano fantasmagoriche caverne in groppa a rettili volanti. Le pelli squamose delle cavalcature riflettono i mille colori fluo, blu, rosso, viola, di muschi, fiori e arbusti che affrescano le formazioni rocciose di cui è costituito l’incredibile Mondo Perduto. Un luogo incantato, immaginato come un paradiso naturale, primitivo, che si perde tra passato ancestrale e futuro remoto. Qualcosa a metà tra i paesaggi di Kira, il mondo delle cave in Flash Gordon e gli spazi di Viaggio al Centro della Terra o del deserto solcato dallo pteroide dell’Arzach moebiusiano. Ma questa Science Fiction epica e roboante risulta ormai datata. Il futuro che ci attende è più vicino alle forme nodali e poliedriche di una metropoli reticolare, magari simile alla Net-Metropolis creata dal team di scenografi di Cory Loft in Ralph Breaks Internet, cinquantasettesima fatica targata Walt Disney.
Dopo aver attraversato palazzi pixelati, circuiti kart caramellosi e campi di battaglia alla Call of Duty nella melassa pazza e coloratissima del primo Wreck It Ralph (2012), il nostro eroe freak e capellone si ritrova con l’altra protagonista, Vanellope von Sweetz, queen driver del race game Sugar Rush, in giro per i boulevard in byte-mattoni della Megalopoli di Internet, alla ricerca di un pezzo di ricambio, un nuovo manubrio, per il cabinato della sua amica a rischio rottamazione. Ma, come sempre avviene nelle favole Disney – lo specchio di Grimilde, la scarpa di Cenerentola, il vestito di Elsa o la rosa di Bestia –, un oggetto diviene motore di profonde recherche interiori.
La corsa sulle moto in stile Tron (prodotto Disney del 1982) di Ralph e Vanellope, in un ambiente geometrico e poligonale (Il Tredicesimo Piano, Johnny Mnemonic, Il Tagliaerba), è orgogliosa auto-citazione ma anche anamnesi di un cyberspace che sarà più realistico (Nirvana, Altered Carbon, Matrix).
La Rete, novità del cartoon, viene infatti resa sotto forma di megalopoli asiatica con grattacieli avveniristici, fasci di luci laser, insegne al neon, loghi e icone pubblicitarie che esplodono in ogni luogo e colore. Internet è da sempre un luogo intuitivo, immateriale eppure sottocutaneo. Ci siamo già stati, ci siamo in ogni momento, ci sei ora che leggi. Era necessario giocare su forme topologiche già date, deducibili dalle nostre rappresentazioni collettive. E così la Disney ha immaginato per noi un’interfaccia architettonica in grado di organizzare visivamente spazialità e interazioni per il futuro campo immersivo della rete. Lo fa alla sua maniera, con una play attitude in stile cartoon, con una predominante base azzurro-Tron puntellata da lampi di colori in modalità logo placement.
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Ralph Breaks Internet
Anche gli stili d’animazione dei personaggi hanno una loro particolare grammatica visuale. L’eroina Vanellope è un mix di rimandi alla cultura animata giapponese e americana: occhioni e proporzioni manga, felpa woodie urban style, skirt e leggins candy, capelli ricolmi di cioccolata smarties. Per recuperare il pezzo di ricambio del suo cabinato, dovrà sfidare Shank – tratto realista Disney – giubbino di pelle, stivali con borchie e, soprattutto, pilota del circuito di Slaughter Race. Un race game con muscle cars, slums di cemento, capannoni dismessi, strade dissestate, ponti crollati e pneumatici in fiamme a metà tra GTA e MotorStorm: Apocalypse. Gli avatar degli utenti umani, testa cubica e corpo accennato, angoli addolciti, espressioni facciali neutre, ispirati alla linea di pupazzi Funko Pop, a denotare una presenza-assenza emozionale e caratteriale. Insomma, un mash up di stili grafici, candy, manga, Marvel, Disney, videogame.
Il classic Disney non è comunque in pericolo. È il personaggio di Vanellope a muovere i fili narrativi del game-cartoon. È orfana e, con un omone pronta a salvarla, musicherà i suoi sogni durante una rivolta con saccheggi, specchiandosi come da copione in una pozza di soda. Ma la rottura del tipico vincolo di famiglia/destino/cultura a cui ogni princess è destinata, avverrà in una nuova dimensione, aperta, diffusa. Un game open world, di quelli moderni in cui “non sai mai cosa fare”. E sarà lei a porsi l’antico quesito esistenziale: cosa siamo, se non “polvere di stelle”? Una transustanziazione ipermoderna dall’I, Robot all’I, Byte, dal cyborg ai data.
Gli umani che viaggiano in rete, ridotti a morbidosi giocattoli, seguono altre vie, altre necessità. Pattern prevedibili, facili da plasmare: “shopping, gioco, relazioni”. A questo serve Internet per policeman della hall della sala giochi di Ralph. Non c’è posto o tempo per altro.
La metropoli di Internet diventa così “Un bazar”, per Rolling Stone, “Una festa dell’amore capitalista con Mickey Mouse al timone” per l’Independent. Ralph e Vanellope corrono da E-bay per comprare il loro pezzo di ricambio. Gli si presenta davanti un enorme mall, con file, casse, reparti, avatar a caccia di offerte speciali. Il salone di BuzzFeed ove gli avatar umani assegnano heart-like per i video più seguiti (una specie di You Tube) assomiglia a una odierna Wall Street con broker in delirio. Mentre i bassifondi ricordano un mercato nero, con spaccio di virus e merce contraffatta o rubata.
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Ralph Breaks Internet
Insomma, la Disney, per la prima volta in un cartoon per ragazzini, ritrae aspetti di un vero e proprio sistema economico di scambi, consumo e produzione. Certo, non parliamo di merci qualunque ma di contenuti in rete e di valore click-based. Un flow di milioni di immagini, video, gif, text, meme, che si accaparra quote di attenzione, dunque di utili, sfruttando qualunque cosa sia producibile sotto forma di byte. «Chi l’avrebbe detto che una battuta sulle api è la chiave del successo della magia di internet?», sottolinea l’affascinante algoritmo Sissy. È questa, dunque, la vera ricchezza della rete? In questo freemium of consciousness costante e infinito di contenuti/merce che deperisce in pochissimo tempo?
Non manca una dark side: l’inquietante sala dei bad feeds, silenziosa e spettrale come una domus paci, dove gli hater stroncano senza pietà i video demenziali di Ralph; l’insistenza degli omini pop-up che cercano di trascinarci nel deep web, losco e illegale. O la medusa biomeccanica in stile Matrix che infetta Slaughter Race e poi Internet, che ci ricorda i rischi di assuefazione e dipendenze affettive in rete. La gelosia di Ralph per la voglia di scoperta di Vanellope, che vuole cambiare videogames, si tramuta in un enorme e pericoloso Ego-Ralph, un po’ King Kong un po’ Mashmallow Man di Ghostbuster.
Come se ne esce?
Dopo decenni di emozioni e sentimenti favolistici, è giunto il momento di raccontare un mondo più reale, più quotidiano. La vera fiaba è adesso, qui, tra noi. Non servono più castelli, grotte incantate o fondali marini. Per viverla è necessario coltivare un sentimento più fluido, maturo e responsabile: la fiducia. Ed è quella che sboccerà tra Ralph e Vanellope. Ma attenzione. Quello stesso legame cementa nuove tipologie di relazioni economicamente sfruttabili. Il legame tra followers e influencers è tutto qui. E secerne una nuova forma di presenzialità mediatica, assoluta e onnipresente nelle nostre vite. Gli influencers che seguiamo ogni giorno sono la personificazione vivida e reale di questa nostra immersione nella dimensione gelatinosa e vischiosa della rete. E le forme spontanee di luddismo emotivo, di distacco fisico e mentale da Internet non sono altro che palliativi. E dunque non ci resta che accettare una verità dura quanto fluida. Siamo stati tradotti dentro una fiaba – o un incubo – marcato Disney. E non ci resta altro che sognarci a cavallo di fantomatici draghi, tra grotte e battaglie epiche.
Domenico Sgambati 

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