23 dicembre 2017

Natale di MACRO per Roma

 
Presentato il progetto del MACRO “asilo. Il MAAM arriva a via Nizza. Con Giorgio de Finis (non)direttore. E il MACRO Testaccio torna a chiamarsi “Mattatoio” per occuparsi d’altro

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Giovedì mattina ci sono state finalmente comunicate le sorti del MACRO di Roma. Sull’argomento, di anticipazioni della stampa, ne abbiamo lette diverse nei mesi scorsi. In gran parte smentite dai fatti dell’altro ieri. Dobbiamo ammettere comunque che, anche in questo caso, la realtà ha superato la fantasia di molti. Poco prima delle 11.00 siamo entrati nell’auditorium del MACRO di via Nizza, con in mano un’epifania di cartella stampa. Appena tre fogli. Tuttavia, sufficienti a introdurre la tempesta che, di lì a poco, si sarebbe abbattuta. Ne riportiamo alcuni brevi stralci, tra i più “significativi”. «MACRO_asilo è un progetto artistico che avrà la durata di 15 mesi e che, per il tempo del suo mandato, intende proporre un diverso modo di “giocare” al gioco del museo. (…) Per far fronte alla carenza strutturale di fondi per l’arte e la cultura e per non incappare in scelte manageriali che premino solo quelle operazioni vantaggiose dal punto di vista della vendita dei biglietti o dell’abbattimento dei costi di produzione – scelta che di fatto consegna il museo pubblico nelle mani di privati e gallerie – MACRO_asilo opta per una temporanea sospensione delle mostre, (…). Apre invece la porta a tutti gli artisti (…). Gli artisti saranno convocati tramite un “appello”, momento performativo aperto al pubblico. Potrà aderire alla chiamata chiunque si definisca “artista”. Solo gli artisti che si sono presentati all’appello, che hanno scelto cioè di aderire per (auto)candidatura a un processo collaborativo, avranno diritto a partecipare alle fasi successive di gioco». Vi assicuro, comunque, che nella cartella stampa non si fa riferimento a confessionali, nomination, ripescaggi, vista l’adesione a una terminologia che ricorda molto un talent show di un’emittente generalista. 
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Emanuele Napolitano, 2017
La conferenza stampa ha avuto il suo “deus ex machina” ovviamente in Luca Bergamo, vicesindaco di Roma con delega alla Crescita Culturale. La sua introduzione sul MACRO_asilo è molto vaga, fumosa. E, da quel momento, tutto diviene possibile nell’esofago rosso Maranello dell’auditorium. A partire dalla seconda relatrice, Eleonora Guadagno, presidente della commissione cultura capitolina che, nel sostenere il nuovo corso dell’istituzione museale romana, è incorsa nel lapsus (freudiano?) di ribattezzarla “asilo nido”. È, poi, la volta, di Giorgio de Finis, antropologo e regista, il protagonista della giornata, presentato come il direttore artistico del progetto sperimentale di MACRO_asilo. Incarico assegnato per chiamata diretta allo scopo di esportare il modello MAAM al MACRO. Per chi ancora non lo conoscesse, il MAAM (Museo dell’Altro e dell’Altrove di Metropoliz) sorge in un’ex fabbrica occupata abusivamente sulla Prenestina. Al civico 913, in piena periferia est di Roma. Ideato e fondato da de Finis, giorno dopo giorno il museo è andato arricchendosi di opere; gli artisti, street artist in testa, in particolare quelli che non si riconoscono in gallerie, qui hanno trovato un luogo dove lavorare ed esporre. Forte di questa esperienza e del mandato ricevuto, de Finis trasformerà il Museo di via Nizza in un grande “dispositivo d’incontro”, una realtà di produzione e trasformazione culturale oltre la tradizionale dimensione espositiva, che sarà sospesa per un anno e mezzo. Ci saranno momenti dedicati alle arti performative (la “ricreazione”) e un ricco programma di incontri calendarizzati con appuntamenti periodici. Il palinsesto sarà giornaliero. Il museo ospiterà a rotazione gli atelier degli artisti, per diventare una casa comune, una piazza ad accesso “democratico”. Proprio su questo aggettivo sussulta, oltre a diversi di noi in platea, anche uno degli altri relatori convitati, Bartolomeo Pietromarchi, direttore del MAXXI. Pietromarchi interpreta il pensiero di molti di noi: democrazia non significa aprire le porte a tutti senza alcun filtro. Perché c’è anche una questione di competenze su cui si basano i musei di tutto il mondo. Già i musei, cioè quelle istituzioni con specificità distintive, anche nella società contemporanea. Ma, d’altronde, il progetto sperimentale di de Finis tutto è fuorché quello di un museo, per un museo. Lo stesso de Finis non è neppure designato come direttore del museo (altrimenti sarebbe stato necessario un concorso). Nei fatti è più un curatore artistico, della durata di 15 mesi, a cui è sottratta la gestione amministrativa (che sarà in capo all’Azienda Speciale Palaexpo), così come la conservazione delle opere in collezione, di competenza invece della Sovraintendenza capitolina. Però ha un superbudget, ben 800 mila euro. Da fare invidia ai suoi numerosi predecessori, nonché a molti suoi colleghi. 
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L’albero di Natale di Piazza Venezia a Roma
Il varo effettivo del “MACRO_asilo” andrà in scena da ottobre 2018. Mentre il nuovo anno vedrà a via Nizza i Pink Floyd in mostra, quindi gli eventi dell’Estate Romana. Altra sorte incombe sul “MACRO Testaccio” che cambierà nome, tornerà a chiamarsi “Mattatoio” e sarà votato a non meglio identificate attività performative, in attesa di ulteriori sviluppi per un progetto unitario dell’intero complesso. Quindi, per sintetizzare, il MACRO, nella sede di via Nizza divenuto “asilo” ad accesso gratuito, muta identità e funzioni da museo, mentre a Testaccio viene amputato, privandolo di questo suo arto tutt’altro che secondario. Sia chiaro, non ho alcun pregiudizio nei confronti del progetto di de Finis che ritengo, anzi, innovativo e di rottura. Non ci sono però, a mio avviso, le condizioni per trapiantare proprio a via Nizza, in un quartiere residenziale e di uffici, un nuovo museo dell’Altro e dell’Altrove (tra l’altro il MAAM di via Prenestina è a rischio di chiusura, dal momento che rientra nel piano degli sgomberi delle occupazioni abusive). Forse, allora, sarebbe stato più idoneo a ospitarlo il MACRO di Testaccio. Ma le ambiguità non finiscono qui. Come il mancato incontro e dialogo promesso dall’Amministrazione con gli artisti romani, insieme a tutto l’ambiente del sistema dell’arte e a quello cittadino, prima di deliberare sul nuovo corso del MACRO. Aspetto non secondario quando si sbandierano la “democrazia diretta”, la “dimensione partecipativa” oppure i “dispositivi relazionali”. E, poi, c’è la nomina di un direttore/curatore artistico per chiamata diretta, senza bando o concorso. Che, invece, la giunta Raggi ha scelto come modalità per cooptare i membri del CdA di Zètema (che, abbiamo appreso in conferenza stampa, ha già perso un pezzo, con le dimissioni di Simonetta Lux), nonché per il CdA dello stesso Palaexpo. Perché due pesi due misure? Sarebbe stato sufficiente fare un bando con le specifiche dell’esperienza del MAAM, realtà peraltro già presente da tempo nelle linee programmatiche di governo approvate con deliberazione dell’Assemblea capitolina. Una cosa è certa. Questo sarà un Natale di MACRO, all’ombra di Spelacchio, che molto farà discutere durante i cenoni. E nei mesi a venire.    
Cesare Biasini Selvaggi

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