11 luglio 2016

Benvenuti nella Versailles di Eliasson

 
Cascate, specchi, nebbia, giochi di ombre e di luce. Nove opere monumentali e ambientali create dall’artista danese ridescrivono la celebre reggia. E disorientano il visitatore

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Olafur Eliasson (1967, vive e lavora tra Copenhagen e Berlino) si misura con la grandezza del castello e del giardino di Versailles creando nove opere che si dislocano in una sorta di percorso sperimentale attraverso percezione ottica, spazio e movimento e che attivano nello spettatore un’esperienza multisensoriale fuori dal comune. 
Artista visivo, Eliasson lavora con una vasta gamma di supporti come pittura, scultura, fotografia e cinema, ed installazioni su grande scala. L’abbiamo visto ultimamente a Parigi presso la Fondazione LVMH con l’installazione Contact (2014), ma anche con Ice Watch Paris, una sorta di orologio costituito da blocchi di ghiaccio artico lasciati fondere durante la COP21 in Place du Panthéon, mentre qui a Versailles presenta sei opere all’interno del castello, due nei giardini e una lungo il Canal Grande (fino al 30 ottobre). Sensibile alla questione ambientale, la risposta di Eliasson ai cambiamenti climatici e alle sue gravi conseguenze, permane comunque positiva e ricca di soluzioni. E così troviamo nei giardini, progettati da André Le Nôtre, l’installazione dal titolo emblematico Glacial rock flour garden (2016). L’opera presenta uno spesso strato di morena della Groenlandia che riempie lo spazio circolare del Bosquet de la Colonnade, al cui centro si erige la scultura di Plutone che rapisce Persefone, dea della fertilità. Perché Eliasson ha scelto questo materiale argilloso? Questa installazione nasce dalla collaborazione dell’artista con il geologo Minik Rosing che vede in questa morena, un ottimo fertilizzante, la soluzione ideale per rivitalizzare suoli poveri come quelli delle zone tropicali. 
Olafur Eliasson, Versailles, 2016
Le creazioni di Olafur Eliasson coinvolgono profondamente la percezione fisica dello spettatore, come nell’opera effimera Fog Assembly (2016), collocata nel Bosquet de l’Etoile. Questa produce un’effusione continua di nebbia che riempie lo spazio, a seconda della quantità di luce e di vento del momento. Impregnando al massimo il prato erboso cosparso di rugiada, e grazie all’assenza quasi totale di visibilità, viene messa in difficoltà la deambulazione dello spettatore a cui è richiesta una partecipazione fisica notevole. Questo iter tra i tre stadi dell’acqua, cioè solido, liquido e aereo, si conclude con Waterfall (2016), la meravigliosa cascata che si erige nel bacino del Canal Grande, lungo l’asse principale dei Giardini di Versailles. L’acqua scroscia con energia da un’alta gru gialla, questa visibile dalla galleria degli specchi, manipola il campo prospettico di André Le Nôtre ma al contempo lo elogia. Infatti, il paesaggista di Luigi XIV, avrebbe programmato di costruire nei giardini un ambizioso gioco d’acqua che non fu mai realizzato. 
Olafur Eliasson, Versailles, 2016
Passando all’interno del castello, tra giochi di luce, ombre e specchi, il visitatore si scontra con The Curious Museum, (2010-2016), un’installazione su larga scala che abbiamo visto precedentemente presso lo spazio espositivo berlinese Martin-Gropius-Bau. Si tratta di un grande specchio posto all’esterno, davanti le finestre del Salon d’Hercule. Lo specchio permette ai visitatori, che si riflettono in esso, di vedersi in relazione alla costruzione che li contiene, l’artista orienta così lo sguardo del visitatore dall’esterno “il museo intorno a me”, all’interno “io nel museo”. Ci si scopre un po’ re o regine, non solo spettatori, ma anche attori del luogo che si visita. Disorientati, forse ci si chiede: “Perché sono qui e di cosa faccio esperienza?”. In questo senso Eliasson crea luoghi in cui si sperimenta e si creano le realtà personali, si risvegliano i sensi dello spettatore attivando in ognuno una partecipazione totale all’opera. Ritroviamo la dimensione illusoria dello specchio, questo moltiplicatore di realtà che rimanda a lontane atmosfere barocche, nell’opera in Your sense of unity (2016). Si tratta di un vivace gioco di specchi installato lungo una delle entrate della Galerie des Glaces, qui cerchi luminosi, riflessi in enormi specchi, si librano a mezz’aria, mentre gli spettatori avvicinandosi all’opera vedranno la loro immagine moltiplicarsi tra cerchi di luce. Seguono Deep Mirror (Yellow) e Deep Mirror (Black) entrambe del 2016, le due opere sono poste l’una di fronte all’altra nel Salon de l’Œil de Bœuf. Si tratta di due fori circolari, all’interno di uno di essi troviamo uno specchio immerso in una luce monocromatica gialla restituita da una lampada monofrequenza, che in dialogo con l’oscurità dell’altra opera, tra giochi di riflessi continui e discontinui, sovverte la percezione reale dei colori. Magico effetto visivo quello dato da Solar Compression (2016) nella Salle des Gardes du Roi, al cui soffitto è sospeso un disco formato da una coppia di specchi leggermente convessi, dalla loro congiunzione esce una luce gialla. Il disco, che effettua una leggera rotazione su se stesso, riflette i vari punti della stanza confondendo la percezione dello spazio. Il percorso si chiude con The Gaze of Versailles (2016), si tratta di due sfere dorate con un’apertura centrale, della taglia di occhi umani, queste sporgono da una porta finestra che dà sui giardini, ed invitano a guardare all’interno in cui si scopre una galassia in miniatura. L’opera è prodotta in un’edizione di soli 366 esemplari, come il numero dei giorni del 2016, anno di produzione dell’opera. Interdisciplinare e multiculturale, l’opera di Eliasson si distingue per la raffinatezza dei dettagli estetici e le abilità tecniche, che l’artista danese crea per lo più nel suo studio a Berlino creato nel 1995. 
Olafur Eliasson, Versailles, 2016
Ricordiamo che il team dello Studio Olafur Eliasson raccoglie novanta persone, tra artigiani e tecnici specializzati, architetti e storici dell’arte, grafici e filmmaker, cuochi e amministratori, che lavorano con Eliasson per sperimentare e produrre opere d’arte, oltre ad ospitare regolarmente workshop ed eventi che favoriscono scambi tra discipline diverse. Questa mostra, che è aperta ad una pluralità di interpretazioni, riposa su quattro elementi naturali quali fuoco, acqua, terra e aria questi, che rappresentano il microcosmo e il macrocosmo, rimandano a loro volta alla luce, all’ombra e al colore in quanto rivelatori del potere della visione. Ma anche la luce intesa come l’illuminazione intellettuale, opposta all’oscurità intesa come caos. In questo campo di tensioni tra opposti Eliasson ci parla di una natura che non si piega ai desideri dell’uomo, ma dalla quale invece l’uomo è chiamato ad impegnarsi per rispondere delle proprie azioni. Qui l’artista tesse un dialogo profondo e magico con una Versailles che i visitatori riscoprono incredibilmente contemporanea, restituita dalla visione eclettica di un uomo che vive il proprio tempo. 
Livia De Leoni

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