14 ottobre 2016

Le sincronie di Luca Vitone e Marco Palmieri

 
A Villa Belgiojoso sono di scena due artisti che centrano il proprio lavoro rispettivamente sul luogo e sul tempo. Nel confronto sempre più stretto tra antico e contemporaneo

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Per il secondo anno consecutivo la Fondazione Brivio Sforza decide di aprire la sua dimora tuttora abitata, con un progetto site specific: portare la contemporaneità all’interno di una delle ville più belle della Brianza, a Merate, costruita dai marchesi Villani Novati nel Seicento e modificata nella seconda metà del Settecento dai Belgiojoso. 
All’interno di un grandioso edificio a pianta rettangolare, con un ampio parco, stucchi e affreschi d’epoca viene portata l’interdisciplinarietà con residenze d’artisti che si scambiano le loro idee e le mettono a confronto; si percepisce un’unione tra l’antico e le nuove energie che sono state create per poter far assaporare un nuovo contesto creativo, all’interno di un ambiente tuttora abitato, in cui i padroni di casa si prendono l’incarico di sperimentare un nuovo modo di condividere la loro dimora.
La Fondazione è nata nel 2012 con l’intento di agevolare la raccolta delle testimonianze, la conservazione, la conoscenza e valorizzazione del patrimonio storico, artistico e culturale delle famiglie Brivio Sforza, Trivulzio e Barbiano di Belgiojoso d’Este. Da questi archivi parte il lavoro dei due artisti, Luca Vitone e Marco Palmieri, quest’anno chiamati a partecipare con l’intento di lasciarsi coinvolgere dall’aspetto esterno della villa, in particolare il giardino, per creare un nuovo dialogo e un nuovo spunto di riflessione.
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Luca Vitone (1964, Genova), artista dalla seconda metà degli anni Ottanta, focalizza tutta la sua attenzione sul concetto di luogo. Per questo progetto realizza un dittico nella parte interna della dimora focalizzandosi sull’idea di territorio, un qualcosa che conosciamo ma che dev’essere ri-conosciuto. Il suo lavoro prende spunto anche da altre discipline come la geografia, la musica, la letteratura e la sociologia. Vitone cerca di smorzare il senso della perdita del luogo e crea nuovi modi di comunicazione in cui il senso di appartenenza si sprigiona tra la memoria collettiva e quella personale.
L’artista inizialmente decide di creare un dialogo con il giardino scavando una buca nei pressi di un albero secolare che si trova all’interno della villa. 
Prima che iniziassero i lavori però la natura ha deciso di farsi sentire e partecipare ancora più intensamente a questa iniziativa; durante una giornata di agosto a causa di un brutto temporale questo albero, della famiglia degli aceri, crolla, come se volesse contribuire  in primo piano a questo progetto culturale. L’artista percepisce da subito la sintonia con quanto avviene e decide di realizzare l’opera all’interno del tronco spezzato che si presenta vuoto a causa di una malattia che lo aveva travolto negli anni.
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Luca Vitone decide di coinvolgere anche la moglie, Loredana Gintoli, arpista barocca, chiedendole di eseguire insieme al soprano Anna Carbonera musiche inedite ritrovate negli archivi della villa e composte dal principe di Belgiojoso.
Il risultato della loro interpretazione viene posizionato in sinergia all’interno dell’albero per creare un legame sottile e far rivivere le emozioni che si provavano nella dimora, ma in chiave del tutto attuale.
Marco Palmieri (1969, Napoli), artista e architetto dalla seconda metà degli anni Ottanta, indaga il concetto di spazialità.  Analizza il progetto e decide di lavorare sulle piante della villa ritrovate all’interno dell’archivio di famiglia; contribuisce realizzando un intervento paesaggistico su una porzione del parco.
Il lavoro viene presentato all’interno della Limonaia, denominata anche “giardino d’inverno”, esponendo una maquette, una tavola sinottica e due disegni ad acquarello, il tutto accompagnato dalle antiche tavole dei diversi interventi che sono stati fatti negli anni sul giardino della villa.
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L’architetto lavora sulla sezione di giardino successiva al giardino barocco, inserendo un piccolo lago artificiale, realizzato secondo i presupposti dei più moderni sistemi di fitodepurazione; un elemento naturale concepito come specchio in cui si possono riflettere il cielo e l’infinito per creare un’estensione prospettica ulteriore che invece era limitata a causa delle costruzioni che sono state realizzate durante gli anni e hanno interrotto la visuale.
Creare una nuova linea di collegamento tra le montagne, alle spalle della dimora per continuare verso l’infinito e oltre…. Adiacente a questo bacino d’acqua, l’artista ha pensato di inserire anche uno spazio espositivo per poter ospitare collezioni permanenti e nuove che potrebbero avvenire in futuro da parte dei padroni di casa.
Il progetto curato da Carlotta Testori ha trovato interezza grazie al Simposio che si è svolto il 17 settembre dove sono stati chiamati a partecipare esponenti del panorama italiano culturale, tra cui Ilaria Bonacossa, curatore del Museo Villa Croce a Genova, Marco De Michelis, docente di storia dell’Architettura all’università IUAV di Venezia, Vincenzo Latronico, scrittore e saggista, moderati da Luigi Ficacci, direttore della Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio delle province di Lucca e Massa Carrara. Domani 15 ottobre si svolge invece l’ultima visita guidata. E poi Villa Belgiojoso tornerà ad essere culla del classico.
Gaia Tonani

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