14 marzo 2017

UN’ALTRA MAPPA PER L’ARTE. IN FESTA!

 
Intervista ad Anna Stuart Tovini, una delle “anime” di Studi Festival. Cinque giorni milanesi per scoprire, zona dopo zona, gli spazi degli artisti. Che invitano colleghi

di

Con l’avvento della primavera a Milano accadono cose piacevoli. E Studi festival #3 è una delle più clamorose: da stasera 14 marzo al 18, numerosi artisti aprono i propri spazi di lavoro al pubblico, organizzando mostre ed eventi, dando vita a collaborazioni e occasioni di incontro inedite. Cinque diverse zone di Milano, una per ogni giornata, una mappatura precisa per permettere ai visitatori di orientarsi agevolmente attraverso questa singolare costellazione. Il progetto – ora alla terza edizione – è nato nel 2014 dalla volontà degli artisti Claudio Corfone, Rebecca Moccia, Vincenzo Chiarandà e Anna Stuart Tovini (questi ultimi duo Premiata Ditta, fondatori di UnDo.Net). Tale iniziativa permette che l’arte sia riportata in una dimensione più intima e sperimentale – umana – e che anche gli artisti più giovani possano mettersi liberamente in gioco. Studi è una vera e propria rete, fitta, gratuita, accessibile, all’insegna del no profit e della partecipazione; abbiamo intervistato Anna Stuart Tovini per saperne di più.
Il festival è ora giunto alla terza edizione. Facendo un bilancio, quali sono state le criticità che avete affrontato e quali invece i successi di cui andate più fieri?
«Studi Festival nasce come progetto d’artista in modo spontaneo quando io e Vincenzo abbiamo conosciuto i giovani artisti Claudio Corfone e Rebecca Moccia in una mostra che noi avevamo organizzato con l’associazione 89a per portare attenzione sulla sorte di un edificio che agli inizi del Novecento è stato costruito e donato al Comune di Milano da due mecenati perché ospitasse studi d’artista. Galeotto è stato quindi lo studio d’artista! Con Claudio e Rebecca abbiamo iniziato ad elaborare un display che si è andato affinando nei mesi, fino a prendere la forma attuale del festival. In Studi la “regola” è che si apre il proprio spazio per farci entrare altri artisti, organizzandoci mostre che creino dialogo e confronto. Questo dispositivo cambia le dinamiche: crea un circuito partecipativo in opposizione alla dimensione competitiva della “produzione” artistica. Le difficoltà maggiori che abbiamo incontrato sono state economiche, ma sono anche nate dalla diffidenza del “sistema” dell’arte». 
Studio di Alessio Binda, Foto di Silvia Morin
Come nasce Studi festival?
«La prima cal è stata lanciata e diffusa da UnDo.Net nel 2015 sulla vasta comunità che seguiva le sue proposte culturali, aveva quindi una certa credibilità, eppure molti artisti sono rimasti alla finestra e un giornalista definì il festival “un salto nel buio”. In effetti ogni progetto autenticamente interattivo lo è: non si può sapere che risposta abbia. Però già questa prima edizione suscitò grande entusiasmo soprattutto tra i giovani, parteciparono infatti 50 tra studi e artist run space. L’edizione 2016 ha visto il coinvolgimento di autori di diverse generazioni, le proposte sono raddoppiate e la qualità generale è aumentata. Siamo riusciti a coinvolgere alcune importanti istituzioni mantenendoci però autonomi. Quest’anno gli eventi sono 100, con artisti di tutte le età e provenienze. Sarà un clamoroso happening che sposterà tantissime persone attraverso la città!».
Il duo Premiata Ditta si è mosso attraverso il panorama artistico degli anni ’80, ’90 e nel nuovo millennio, con la consapevolezza dei linguaggi vigenti, creando sistemi e situazioni trasversali a quelli imposti dall’establishment. Possiamo considerare “Studi festival” un seguito coerente della vostra pratica artistica?
«Giusto: “sistemi e situazioni trasversali a quelli imposti dall’establishment”. A volte in opposizione a volte con l’idea di spostare il limite delle possibilità. Per sperimentare, “creare mondi” come diceva Bourriaud ai tempi dell’arte relazionale. Dare vita a T.A.Z. (zone temporaneamente autonome) come scriveva Hakim Bey agli esordi di internet, attivare cortocircuiti come ha recentemente scritto Claire Bishop di alcuni nostri progetti d’Arte Pubblica. È giusto: “un seguito coerente della nostra pratica artistica”. Infatti, Studi festival ha una dimensione orizzontale e collaborativa che è nel nostro DNA ed ha trovato il nido giusto in UnDo.Net, network online che io e Vincenzo abbiamo fondato nel 1995 e condotto per 20 anni come logico proseguo della ricerca di Premiata Ditta. Studi festival è uno spazio d’azione e di visibilità per i più vari caratteri e talenti. Per me e Vincenzo è un dispositivo, un’opera in sé».
Studio Alberto Aperto, foto di Gabriele Gregis
Negli ultimi anni si è svolto un dibattito sulla figura del curatore “superstar”, colui che tende a imporre la propria immagine mettendo in ombra il lavoro artistico. Studi festival è invece “ideato da artisti per artisti”: c’è la volontà di innescare una controtendenza rispetto alla piega che ha preso la curatela in tempi recenti, o un tentativo di eliminarla?
«C’è il tentativo di aprire nuove possibilità per tutti, anche per i curatori. Intendendoli come compagni di strada però. Mi viene in mente Synapser, un progetto per molti versi simile a Studi che sviluppammo a partire dal 2003 per “attivare nuove sinergie operative e nuovi spazi d’azione per i giovani curatori italiani. Un dispositivo d’arte, tessitore di connessioni in una serie di eventi dinamici”. L’iniziativa e i suoi sviluppi sono consultabili su UnDo.Net, insieme alla documentazione del primo convegno per giovani curatori italiani che organizzammo alla Gamec di Bergamo. Come vedi a noi la figura del curatore interessava in tempi non sospetti, prima che diventasse “professionalizzata” e strabordante».
Un momento della conferenza stampa 2017, foto di Ylbert Durishti

Festival Studi cresce di anno in anno, raccogliendo sempre più entusiasmo e adesioni. Ci sono altri traguardi che siete intenzionati a raggiungere?
«Anche quest’anno abbiamo alcuni partner tecnici, ma sosterremo le spese vive attraverso il crowdfunding (grazie alla generosità di alcuni artisti che hanno messo a disposizione loro opere) e con una piccola donazione di Nctm e l’arte. Gli studenti di fotografia di Brera documenteranno il festival giorno per giorno, mentre una schiera di giovani blogger di Naba e Brera racconterà gli eventi. Anche in futuro ci piacerebbe rimanere autonomi e che tutto restasse gratuito, ma vorremmo poter pagare il nostro lavoro e quello di chi ci aiuta. Ci piacerebbe che Studi festival non fosse visto solo come un progetto “alternativo” perché questo lo depotenzia. Ci piacerebbe che più galleristi e collezionisti cogliessero l’occasione per conoscere gli artisti. Ma comunque il festival è come la punta dell’iceberg di un processo precedente e successivo ancora più importante dei 5 giorni di eventi!».
Giulia Ronchi

In alto: Linea del Tempo Annodata Foto di Federica Boffo

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui