06 marzo 2018

Le “parolibere” della crisi, oggi

 
“Arte, vita e politica” in Italia tra le due guerre, by Prada. Una mostra modernissima per entrare nel passato, e riflettere sul nostro presente

di

Germano Celant, curatore della mostra “Post Zang Tumb Tuum. Art life politics: Italia 1918-1943”, titolo ispirato al primo libro di parole libere di Marinetti, alla Fondazione Prada di Milano, affronta un periodo controverso del nostro recente passato, caratterizzato dalla crisi dello stato liberale, dall’ascesa e consolidamento del Fascismo, fino al 1943, il tragico anno dei bombardamenti da parte degli alleati inglesi dell’Italia settentrionale, contestualizzando opere, dipinti, sculture e altri artefatti a storia, luogo e clima del tempo. 
Il fil rouge della mostra è l’analisi dei movimenti artistici del primo Novecento in maniera dinamica in dialogo con arte, società e politica. E questa lettura declinata al presente di un percorso espositivo fin troppo vasto di oltre 500 opere, tra dipinti, sculture, disegni, fotografie, manifesti, arredi, lettere, cataloghi, riviste, rassegne stampa, progetti e modelli architettonici autografati da più di oltre cento autori, apre riflessioni sul ruolo dell’artista in relazione al potere attraverso la produzione culturale di un periodo contraddittorio. 
Così, lo storico dell’arte e direttore artistico della Fondazione Prada di Milano mette in discussione l’idealismo espositivo in cui i lavori, nelle istituzioni e musei, si espongono in ambienti anonimi bianchi o grigi, per riproporli come “soggetti” di comunicazione della storia e del tempo che li ha generati. 
La mostra di taglio filologico segna la fine della “dittatura” del modello espositivo “white cube”: da questo momento l’obiettivo espositivo sarà una visione dell’arte più “politica” nel significato greco di polis. È probabile che dunque vedremo mostre con opere sempre più in relazione al contesto, al tempo, e alla società in cui gli artisti saranno agenti della cultura al servizio della memoria storica senza nostalgia. 
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Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943, vista della mostra, Foto Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti 18 febbraio – 25 giugno 2018 Fondazione Prada, Milano Courtesy Fondazione Prada

Il viaggio nel ruolo nell’arte in Italia dal 1918 al 1943, (suddiviso in sei sezioni – Sud, Deposito, Nord, Podium+1, Podium, Cinema) è possibile grazie a una serie di fotografie, documenti d’epoca, da guardare con attenzione perché testimoniano la fitta rete di relazioni tra artisti, galleristi e critici, libri, rendering e altri materiali inediti e non, arrivando a 20 ambienti espositivi originali ricostruiti in scala, davvero unici, che trasformano il passato in un laboratorio attivo dinamico e la storia in una  esperienza di conoscenza in cui l’arte diventa una “lente” immersa  nelle vicende  del periodo investigato. 
Tra le due Guerre si sviluppano diverse correnti artistiche, a Milano nasce il Futurismo sotto l’egida carismatica di Tommaso Filippo Marinetti (1876-1944), poeta, intellettuale, giornalista, provocatore per eccellenza che invoca la distruzione del passato. Dopo il primo conflitto mondiale, all’impeto sperimentale contro la tradizione e lo stile delle prime avanguardie artistiche, si sostituisce Valori Plastici, che segue il gruppo Novecento, promosso e diretto da Margherita Sarfatti, sull’onda di un ritorno all’ordine di valori formali e compositivi tradizionali di gusto classicista. Tra avanguardia e tradizione fluttuano movimenti non conservatori, quali Astrattismo, Scuola romana, Corrente e Italiens de Paris, artisti di diverse posizioni, ricerche e idee politiche in controtendenza all’ideologia fascista, che ha utilizzato l’arte come strumento di propaganda per ottenere il consenso della massa. 
Alla Fondazione Prada si ripercorre la storia in un contesto ricostruito attraverso materiali diversi, oggetti d’arredo e design originali che ci permettono di comprendere come, nel processo di estetizzazione della politica, il Fascismo manifestava il suo potere attraverso scenografie urbane spettacolari, con parate e cerimonie d’impatto teatrale. Il regime mischiava musica, costumi e uniformi, giochi pirotecnici o di luce elettrica, oltre a gesti enfatici – per potenziare il proprio appeal persuasivo – facendo ricorso alla radio, poi al cinema e alla moda quali media ideali per incidere nell’immaginario collettivo. Anche l’architettura, dopo una stagione razionalista internazionale, in Italia valorizza elementi arcaici, con edifici sempre più monumentali. 
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Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943, vista della mostra, Foto Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti 18 febbraio – 25 giugno 2018 Fondazione Prada, Milano Courtesy Fondazione Prada

La prima sala nell’area Sud è dedicata al futurismo, innovatore protagonista del Futurismo di Marinetti, dedito alla promozione in Italia e all’estero del movimento e dei sui artisti avanguardisti, immortalato con il suo Ritratto psicologico firmato da Fortunato Depero. Qui si respira il clima sociale e politico degli anni Venti, quando Marinetti nel Fascismo intravede una spinta rivoluzionaria anticlericale e repubblicana, anche se successivamente prenderà le distanze dalla svolta reazionaria del partito, dimettendosi dai Fasci. Percorrendo la mostra è chiaro che la storia la raccontano anche gli artisti, filtrata dalla loro sensibilità e dalle loro opere, senza dimenticare  le numerose e  importanti rassegne pubbliche come la “Mostra nazionale dello Sport”, la “Mostra della Rivoluzione Fascista”, la Quadriennale di Roma, o la Biennale di Venezia, manifestazione della quale sono ripercorse le principali edizioni dei due decenni, in cui spiccano Wildt, Casorati, i Futuristi , Carrà, il Gruppo dei Sei di Torino e i pittori italiani a Parigi nella mostra Appels d’Italie, Sironi, Martini e i protagonisti dell’Aeropittura. Nello sforzo enciclopedico di mettere in mostra “un racconto per documenti, un tentativo di visione sferica dell’arte in Italia tra il 1918 e il 1943”, come dichiara Celant, solleva una spinosa questione ancora attuale: cosa significava essere artista in Italia in quegli anni?  Quale “libertà dell’artista” era possibile nel rispetto del regime che in ogni caso garantiva agli artisti il lavoro e la possibilità di essere visti e celebrati nel Balpaese e all’estero?
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Post Zang Tumb Tuuum. Art Life Politics: Italia 1918-1943, vista della mostra, Foto Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti 18 febbraio – 25 giugno 2018 Fondazione Prada, Milano Courtesy Fondazione Prada

La complessità del periodo preso in esame, documentato dalla ricostruzione strepitosa a cura dello Studio 2×4 di New York, valorizza l’importanza della documentazione filologica attraverso scatti scovati negli archivi in quasi due anni di ricerca di materiali preziosi che stampati in gigantografie, sono applicati al muro come sfondo ideale per contestualizzare le opere seguendo le disposizioni originarie. Sala dopo sala, seguendo un percorso espositivo obbligato, si intrecciano linguaggi diversi tra loro, in balia delle oscillazioni di gusto. All’architettura spetta il compito di dare forma al tempo e di chiudere il percorso espositivo, con edifici in bilico tra gloria del passato e razionalismo, come manifesto del futuro, dell’innovazione investigata attraverso i progetti di Giovanni Del Debbio, Figini, Pollini, Adalberto Libera, Giovanni Muzio, Marcello Piacentini, Giò Ponti, Carlo Scarpa, Giuseppe Terragni e gli architetti dello studio BBPR. E non potevano mancare in questa sequenza di progettisti innovatori, la Casa del Fascio a Como di Terragni, il Palazzo di Giustizia di Piacentini a Milano (che, ricordiamo ospita al suo interno opere di Carrà e Sironi), come la Triennale di Muzio, il Palazzo Liviano di Padova di Ponti arricchito dalla pittura murale di Massimo Campigli e una maestosa statua di Arturo Martini. Nel Podium si rivive l’imponente progetto dell’E42 voluto da Mussolini e da Giuseppe Bottai, governatore di Roma, documentato da varie fasi di costruzione della nuova città destinata a ospitare l’Esposizione Universale come manifesto dell’ambizione architettonica e artistica del fascismo. È una chicca la selezione che include una selezione di originali “Giornali Luce”, i cinegiornali che furono prodotti e distribuiti nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 1927, promossi e realizzati dall’Istituto Luce. 
Una mostra, insomma, che trasforma documenti in un’opera d’arte collettiva per salvaguardare identità, memoria e storia della società in relazione al presente. 
E che fa riscoprire un’Italia altalenante tra realismo e utopia, avanguardia e tradizione, modernità. Un concept che farà discutere, ed è giusto che sia così: di buono c’è che quando l’arte torna al centro della costruzione del pensiero critico del proprio tempo, significa che funziona. Speriamo che il nuovo governo se ne accorga presto! 
Jacqueline Ceresoli 

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