22 luglio 2018

Pionieri si nasce. E si resta

 
“Ceramics Now!” al MIC celebra lo storico Premio Faenza e illumina a giorno la scena della ceramica d’arte contemporanea: ne parliamo con Claudia Casali

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«”Ceramics Now!” è una grande mostra di ricerca che celebra 80 anni e 60 edizioni del Premio Internazionale della Ceramica d’arte contemporanea – Premio Faenza attraverso lo sguardo di diciassette curatori e le opere di 53 artisti. Un gigantesco progetto ideato e organizzato dal MIC – Museo Internazionale delle Ceramiche, riferimento mondiale per la storia della ceramica che vanta la maggior collezione di ceramica al mondo, dal 3000 a.C. a oggi. “Ceramics Now!” celebra la storia del Premio Faenza e del suo spirito volto all’innovazione facendo il punto sulla ceramica d’arte nel contemporaneo e sul suo rapporto con altri linguaggi della pratica artistica attuale.
A raccontarci questa mostra è Claudia Casali, direttrice del MIC dal 2011, attenta osservatrice dell’universo della ceramica d’arte e tenace promotrice di “Ceramics Now!”, una mostra che poteva avvenire solo a Faenza, cuore storico della ceramica sia italiano che internazionale».
Quale è l’idea di fondo di questo grande progetto?
«”Ceramics Now!” vuole sottolineare la ricerca contemporanea legata al linguaggio della ceramica: con ricerca intendo l’interazione con altri linguaggi e codici della contemporaneità, quindi non solo la scultura, ma l’apertura a diverse contaminazioni con altre modalità espressive. Per questo motivo è stata data libertà assoluta agli artisti e la mostra ha potuto così raggiungere un grado di sperimentalità straordinariamente alto, grazie a lavori con alla base concept e riflessioni molto forti. In alcuni casi abbiamo dovuto chiedere agli artisti di limitare le dimensioni dei loro pezzi, perché con 53 presenze non era possibile assegnare più di dieci metri quadrati ad ognuno».
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Ceramics Now!, vista della mostra
Come siete arrivati a una mostra tanto ampia e complessa?
«È un progetto espositivo che riunisce il pensiero di diciassette curatori internazionali, provenienti da differenti aree geografiche, per celebrare 60 edizioni del Premio in 80 anni di vita. Questo team riunisce storici dell’arte, critici d’arte contemporanea, operatori di musei, operatori del settore, direttori di musei, artisti con un’ampia esperienza internazionale e con loro, per circa tre anni, si è voluta portare avanti questa riflessione sulla scultura ceramica oggi e su che cosa significhi al giorno d’oggi il Premio Faenza. Abbiamo volto portare al MIC il meglio della ricerca attuale attraverso i giovani talenti, ma anche con un omaggio ai maestri».
Come avete selezionato gli artisti e le opere? Le opere esposte rimarranno in collezione?
«In un primo momento abbiamo scelto gli artisti, poi abbiamo presentato loro il progetto e loro ci hanno proposto delle opere: alcuni hanno realizzato opere nuove per questa mostra, altri hanno portato lavori particolarmente significativi per il loro percorso artistico, tutti pezzi molto recenti, realizzati tra il 2013 e il 2018. Va sottolineato che sono stati invitati solo artisti che non hanno mai vinto il Premio Faenza, per ampliare ulteriormente la ricerca, oltre la storia del premio stesso. Quest’anno non c’è il premio acquisto, quindi se le opere rimarranno al museo dipende molto dalla generosità degli artisti, perché non ci è possibile operare delle acquisizioni. Qualche artista ha già espresso la volontà di donare il lavoro in mostra e questo ci fa molto piacere».
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Ceramics Now!, vista della mostra
Questa mostra celebra la lunga storia del Premio e del museo e rimane molto fedele al suo approccio sperimentale…
«Il concorso nasce nel 1938 come concorso nazionale della ceramica d’arte ed era il primo e unico al mondo dedicato a questo linguaggio ceramico. All’inizio aveva delle categorie di partecipazione e tematiche tipiche del ventennio fascista, come famiglia, lavoro, patria etc. Probabilmente l’impostazione che si voleva dare era legata a quelli che saranno poi il design o l’artigianato artistico. In realtà questa idea venne disattesa dalle effettive partecipazioni e dalle assegnazioni dei premi, che vennero conferiti a opere uniche, opere scultoree senza alcuna finalità d’uso. L’attenzione dedicata alla funzionalità e alla finalità d’uso, quindi, è venuta meno negli anni, perché si è preferito portare avanti il discorso della scultura. Nel 1964 il Premio è diventato internazionale, mantenendo l’altissimo livello delle partecipazioni che già prima lo contraddistingueva. Ciò che ha caratterizzato soprattutto le edizioni più recenti è stata l’innovazione proveniente dai paesi extraeuropei, in particolare l’edizione del 1985 ha tagliato a metà la storia del Premio: ha vinto l’artista giapponese Sueharu Fukami con una scultura in celadon, una porcellana invetriata di antica tradizione orientale con una forza scultorea incredibile, e da quel momento si è iniziato a pensare a una virata ancora più netta verso il contemporaneo per il concorso e verso una maggiore valorizzazione della scultura ceramica».
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Ceramics Now!, vista della mostra
La vostra collezione dedicata al contemporaneo deriva dal Premio…
«Il MIC ha una collezione che va dal 3000 a.C. fino a oggi. La collezione contemporanea nasce dal Premio Faenza perché tantissime opere sono arrivate dai concorsi del Premio internazionale, come i lavori di Leoncillo Leonardi, Lucio Fontana o Betty Woodman. Era, infatti, un premio acquisto, ma spesso molti artisti hanno deciso di donare i loro pezzi, che così sono entrati a far parte della più importante collezione al mondo dedicata all’arte ceramica. Ci sono stati degli anni in cui, a malincuore, abbiamo dovuto rifiutare i pezzi perché si trattava di installazioni che difficilmente avremmo potuto inserire nello spazio permanente. In altri casi abbiamo dovuto rifiutare donazioni di artisti che erano già presenti nelle nostre collezioni per dare la possibilità ad altri di lasciare i loro lavori».
Negli ultimi decenni si è modificata la concezione della ceramica e del suo rapporto con l’arte…
«Fino alla metà degli anni Ottanta in Italia e in Europa la ceramica è sempre stata considerata “pottery”, arte decorativa o addirittura minore. Questo è sempre stato un grosso problema della critica – soprattutto, ma non solo – italiana, mentre le ultime generazioni di critici, in particolare i più giovani, hanno un approccio e una visione completamente diverse della ceramica e lo considerano un linguaggio contemporaneo a tutti gli effetti. La ceramica è un’espressione con criticità un po’ più ampie rispetto alla pittura o all’incisione, perché ha dei passaggi tecnici molto impegnativi e complessi. Tuttavia, come ho più volte ho affermato, quando un artista sceglie di lavorare con la ceramica si deve avvalere di abili artigiani che lo sostengano nella produzione, in questo modo è possibile raggiungere risultati strepitosi sommando una forte poetica scultorea contemporanea e l’abilità tecnica. In mostra questa dimensione emerge con forza, in particolar modo nelle installazioni che uniscono la ceramica a disegno, fotografia, video, etc. Quando si entra in mostra si ha la sensazione di essere a una vera e propria Biennale dedicata alla ceramica contemporanea». 

Silvia Conta 

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