30 novembre 2018

La materia tra informe e invisibile

 
Alla GAMeC di Bergamo una mostra che è punto d’incontro tra l’arte e la scienza, per raccontare ancora di domande e risposte insolute sul crinale “dell’oltre”

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Sempre più acclimatati al regime bidimensionale della rappresentazione a cui ci abituano le immagini nell’epoca del digitale, siamo sempre meno predisposti a guardare dietro ciò che la superficie ci offre. Lo sguardo, abituato alla sovrastimolazione visiva quotidiana, osserva sempre più rapidamente, cataloga sempre più velocemente, e molti aspetti sfuggono all’attenzione. Uno di questi è spesso la materia prima di cui si compongono le cose, la sostanza concreta dietro l’immagine che proietta. Quante volte guardando un’opera ci lasciamo soggiogare dalla sua forma senza chiederci di cosa essa si compone? Quante volte rinunciamo, consapevoli o meno, alle peculiarità dello sguardo tattile per accontentarci delle suggestioni dei colori, dell’effetto compositivo? Nella gerarchia di variabili che compongono la visione, la proiezione retinica predomina spesso sui criteri di giudizio e apprezzamento. L’ultima mostra alla GAMeC di Bergamo sottolinea invece il desiderio degli artisti di scoprire la materia, di penetrare dietro la superficie e indagarne l’aspetto più profondo, corporeo. Un tema già affrontato, certamente, ma raramente in termini espositivi così estensivi e approfonditi.
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Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile GAMeC, Bergamo, Vedute dell’installazione Foto: Antonio Maniscalco, Courtesy GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

“Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile” è il titolo della mostra curata da Lorenzo Giusti con Sara Fumagalli, il primo di tre episodi dedicati alla materia nella sua più intrinseca valenza. La GAMeC ospiterà infatti una volta all’anno, in concomitanza con BergamoScienza, una mostra che affronta il tema secondo una prospettiva diversa. Un progetto ampio, ambizioso, che supera il terreno della sola storia dell’arte e dialoga con la filosofia e con la scienza, come nell’opera di Evelina Domnitch e Dmitry Gelfand, risultato della trasformazione del Meru Art*Science Award in un nuovo progetto di ricerca esposto nello Spazio Zero. Consapevole di non poter in alcun modo mirare all’esaustività, il progetto espositivo offre chiavi di lettura aperte: se si tratta di una mostra basata “su precisi riferimenti storici e percorsi dichiarati”, leggiamo nell’introduzione al catalogo di Lorenzo Giusti, “è al tempo stesso un progetto corsaro”, aperto a interpretazioni diverse, parentesi e digressioni. 
La mostra “Black Hole” apre il tema affrontando la materia nella sua accezione primordiale, originaria, informe. Il soggetto è indagato dagli artisti, nella prima sezione, come elemento in sè. Si passa dalla ricerca dell’Informale degli anni Quaranta, in linea con l’espressionismo astratto, fino ai Cretti di Burri e gli Achromes di Piero Manzoni, per arrivare a opere più recenti, come i Big Clay di Urs Fischer o un sorprendente lavoro di Ryan Sullivan, January 10, olio, smalto scuro e lattice su tela. L’illusione della scansione in profondità si mescola in questo lavoro con le forze vettoriali del movimento, dando vita a increspature dall’apparenza idrografica. 
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Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile GAMeC, Bergamo, Vedute dell’installazione Foto: Antonio Maniscalco, Courtesy GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

La sezione del piano superiore cambia registro e esplora invece il carattere antropomorfo della materia, dedicando lo spazio alla relazione uomo-materia. Rodin, naturalmente, Medardo Rosso ma anche Giacometti, maestri affiancati da sperimentazioni più contemporanee, come le teste monolitiche imprigionate nell’indefinizione di Hans Josephsohn, o gli agglomerati di roccia dalle fattezze umane di William Tucker
L’ultima parte della mostra è infine dedicata ai limiti del concetto stesso di materia, i suoi estremi fisici e filosofici. L’infinitamente piccolo che trascende nell’invisibile, dal Movimento Nucleare (Baj, Dangelo, Colombo) agli studi sui neutrini di Jol Thomson, in collaborazioni con i Laboratori del Gran Sasso; l’infinitamente grande che trascende il tempo nel buco nero, da cui il titolo della mostra, “Black Hole”. Il pigmento nero di Anish Kapoor ci introduce nell’oscurità del vuoto rendendo palpabile l’assenza della luce, mentre un’opera incognita in polvere d’oro di Gino De Dominicis ne ritrae la dimensione gravitazionale secondo un principio estetico e ondulatorio, poli apparentemente opposti di una sala che include opere di Thomas Ruff e Hicham Berrada.
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Black Hole. Arte e matericità tra Informe e Invisibile GAMeC, Bergamo, Vedute dell’installazione Foto: Antonio Maniscalco, Courtesy GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

Le sezioni, tra loro interagenti, non rispecchiano solo la varietà delle ricerche intraprese sul tema dagli artisti, ma anche le evoluzioni della fisica e la divulgazione delle teoria scientifiche che ne hanno influenzato la visione, facendo da sfondo a un confronto generazionale che si arricchisce di una possibile lettura di fenomenologia degli stili.
La “matericità” si pone così in questa mostra anche come punto d’incontro tra l’arte e la scienza, che nel dare risposta alle tante domande sull’Oltre ancora insolute affrontano intercettandosi lo stesso tema con le prospettive proprie di ciascuna in una conversazione complementare ed inesauribile.
Edoardo De Cobelli

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