02 marzo 2019

Natura Spezzata e Ricostituente

 
Prendere coscienza di come salvare il salvabile del mondo messo in pericolo dall’uomo. Ecco la 22esima Triennale di Milano, che oggi apre ufficialmente al pubblico

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Milano punta sull’internazionalizzazione anche attraverso il rilancio dell’identità storica del Palazzo dell’Arte, dove nasce la cultura del progetto del ‘900. 
Dopo la fumosa edizione del 2016 della XXI Triennale, dal titolo Design After Design, comprensiva di un progetto di mostre diffuse fino all’area Expo di Rho Pero, troppo dispersivo, la XXII edizione rilancia il “Bauhaus” italiano, con una mostra di tante idee “ricostituenti”, dal titolo: Broken Nature: Design takes survival, a cura di Paola Antonelli. Per prendere coscienza di come salvare il salvabile della natura “spezzata” dall’uomo.
Con l’esposizione internazionale a cura della direttrice del Dipartimento di ricerca e sviluppo del MoMA di New York, con la collaborazione di Ala Tannier, Laura Maeran ed Enrica Perillo, il Palazzo dell’Arte di Giovanni Muzio affronta l’emergenza ambientale, le cause e gli effetti dello sfruttamento delle risorse naturali. 
Questa mostra tematica, comprensiva di 22 partecipazioni internazionali, sollecitate dal Bureau International des Expositions attraverso canali governativi ufficiali, seppure in modo non esaustivo suggerisce idee, progetti e soprattutto invita il pubblico a modificare il punto di vista, a partire da piccoli grandi comportamenti, perché ognuno di noi può contribuire a salvare il mondo. 
Sono i cittadini e non i politici, secondo Paola Antonelli, il motore principe del cambiamento, ispirata dalla filosofia di Richar Fuller: «Le persone a cui bisogna comunicare l’atteggiamento ricostituente dei progetti che qui presentiamo, invitano a considerare il recupero della natura come obiettivo a lungo termine, complesso e dove si presenteranno però anche gesti quotidiani». 
Per ricucire lo “strappo” con la natura, bisogna tornare al riciclo intelligente, al conservare ciò che si ha più che a gettare convulsivamente, a prendersi cura delle cose con gesti semplici ma costanti nel tempo. 
La mostra è il frutto del lavoro di una squadra coesa e internazionale, pensata per un pubblico vasto e non specialistico, sul modello scientifico–divulgativo, mai retorico o nostalgico alla Piero Angela, tanto per capirci. 
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Instalaltion view, Broken Nature © La Triennale di Milano – foto Gianluca Di Ioia
Stefano Boeri, presidente della Triennale, autore con il suo studio del “Bosco Verticale” milanese, totem green di Porta Nuova, all’ombra della torre Unicredit di Cesar Pelli, il grattacielo in piazza Gae Aulenti, più istagrammato di Milano, ha evidenziato l’importanza di recuperare l’identità della Triennale, luogo storico dove si dibattono i temi del futuro, nata con l’obiettivo di proporre soluzioni progettuali concrete più che porre domande. 
L’edizione della Triennale del 1947, aveva declinato il tema della ricostruzione, l’abitare, proponendo il QT8 con le architetture inserite nel parco; nel 1960 aveva affrontato il tema della scuola, il rilancio della formazione e cultura nell’ambito del boom economico, quella del 1992 parlò dei trattati di Kyoto. 
La XXII Triennale idealmente riparte da qui, fa il punto della situazione in seguito agli sconvolgimenti climatici generati dall’inquinamento ambientale, per eccesso di produzione di anidride carbonica, ripartendo dalla cultura del progetto, dai materiali, dalle costruzioni e dal necessario cambiamento dei nostri comportamenti nell’affrontare le problematiche della complessità. Alla Triennale si trovano progetti per ricucire il rapporto tra il design, l’architettura e un modo più responsabile per salvaguardare il Pianeta Terra, per ora l’unico abitabile; domani si vedrà. 
Tra gli altri padiglioni, intorno a una raccolta di oltre 100 progetti tra quelli realizzati più o meno negli ultimo 30 anni che hanno contribuito a ricucire il rapporto tra uomo e ambiente, incanta il padiglione centrale al primo piano della Triennale, intitolato la Nazione delle Piante, a cura di Stefano Mancuso, neurobiologo vegetale italiano di fama internazionale, dove si parla di intelligenza del verde grazie all’allestimento multimediale, progettato con la supervisione artistica di Marco Balich (autore del discusso Albero della Vita, a Expo 2015): sostenibilità, sensibilità ambientale e tecnologia sono alleate. C’è anche la stanza dove è stato ricreato il parlamento dell’ONU e qui si firma la Costituzione proposta dalla Nazione delle Piante, la più antica e longeva di cui dobbiamo ascoltare, conoscere e imitare i suoi processi biologici di salvaguardia del Pianeta. Al piano terra, più che da guardare c’è da leggere parecchio: occorre prendersi tempo per conoscere progetti e scoprire come i diversi padiglioni rispondono alle problematiche ambientali. 
Attenzione, non cercate opere eclatanti sorprendenti, capolavori assoluti, qui le protagoniste sono le idee e l’obiettivo è conoscere modi possibili di vivere nel rispetto ambientale, imparando dalla natura.
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Instalaltion view, Broken Nature © La Triennale di Milano – foto Gianluca Di Ioia
Tra gli altri, il Padiglione Germania riqualifica la scala elicoidale “brutalista”, chicca architettonica di Palazzo dell’Arte prima dimenticata e ora amata, situata dietro il bookop. Entrando sulla sinistra della Triennale, si trova l’Urban Center del Comune, traslocato qui dopo la chiusura della sede in Galleria, che dovrebbe funzionare fino a settembre come padiglione dedicato alla speranza di una Milano 2030, un universo di progetti all’insegna dell’architettura verde. 
Il Padiglione italiano declina il tema dei 4 elementi (Aria, Acqua, Terra e Fuoco), ospita 40 progetti ideati dal Politecnico, da leggere su schermi /libro interattivi con allestimento multimediale di Ico Migliore dello studio Migliore+Servetto. Tra la miriade di oggetti, fa capolino un albero-scultura appeso a mezz’aria, piantato in un uovo di terra: è la Capsula Mundi, di legno e gesso di Anna Citelli e Raoul Bretzel, in realtà un prototipo di una bara. Se al design e all’architettura è affidato il compito di salvare il mondo, anche l’arte aiuta a sensibilizzare sul tema, come suggerisce l’installazione The great animal orchestra creata dal musicista ed esperto di bioacustica Bernie Krause e dal collettivo inglese United Visual Artist (Uva), su iniziativa della Fondation Cartier di Parigi, in cui è facile immergersi nell’intensità dei suoni della natura, e sembra di vivere in una sequenza del film di James Cameron, Avatar (2009), profetico nel messaggio di salvaguardare la natura e i suoi processi complessi per tutelare la bellezza del mondo animale e vegetale. 
Ipnotizza il video del giapponese Aki Ionata dove un minuscolo polpo si agita nel guscio di un’animale ricostruito con stampante 3D. Non si dimentica una specie di cisterna trolley “Hippo Roller”, capace di contenere fino a 90 litri d’acqua, progettata nel ’97 da Pettie Petzer e Johon Jonker, che da allora ha facilitato la vita di migliaia di africani, sgravandoli dal peso di girare portando 20 litri d’acqua in testa, e sono speciali le 100 sedie in 100 giorni di Martino Gamper, dalle forme surreali. Tra le altre novità i “Bee Awards”, assegnati da una giuria internazionale a tre progetti selezionati. I tre premi sono “Golden Bee”, “Black Bee”, “Wax Bee”, realizzati dagli artisti italiani, Chiara Vigo, Oli Bonzanigo, e Bona Calvi, che sono andati rispettivamente alle partecipazioni di Australia (Golden Bee), Austria (Black Bee), Russia (Wax Bee). 
Infine: i giovani sono il futuro e si muovono per salvare il Pianeta e il prossimo 15 marzo alla Triennale promuoveranno lo “sciopero globale”, raduno nato sull’onda dell’urlo della sedicenne Greta Thunberg, la studentessa di Stoccolma che da sola, seduta sui gradini del Parlamento svedese, ogni venerdì dal 2018 implora i politici di salvare il mondo e ispira un movimento generale di protesta per chiedere ai governi provvedimenti immediati contro l’emergenza ambientale. 
Jacqueline Ceresoli 
www.brokennature.org 

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