16 dicembre 2010

design_luoghi Museo Plart

 
La plastica a Napoli ha recentemente sommerso la città con i suoi scarti. Ma c'è un'altra plastica, di cui la città campana ha intuito il valore. E ha trovato come conservarla in un museo...

di

In un saggio del 1949, Domenico
Rea racconta Le due Napoli. La Napoli borghese, “che si distende sul
mare fino a Posillipo
”, e
la Napoli fatta di una “massa incandescente di bassi, con una convivenza
sfacciata del povero e del ricco
”.
Una dualità che fotografa gli anni ’50, ma ancora attuale. Una città
sospesa tra “le Malebolge e l’eden”, tra le discariche a cielo aperto e la bellezza
paesaggistica. Un luogo che, nella lotta tra gli
opposti, prova a difendere oasi di speranze e coraggio. Tra i simboli di questa
“resistenza”, il Museo Plart – Arte in plastica -, ideato e diretto da Maria Pia Incutti, che ha trasformato la sua audacia in una delle realtà più
incisive e consolidate nel panorama del design nazionale e internazionale.

Mossa da grande
passione, Incutti è impegnata a ricostruire lo stile e le evoluzioni della
storia degli oggetti in plastica (dalla fine dell’Ottocento a oggi).
Collezionista di 1.500 pezzi in bakelite, in celluloide, in resina e
poliuretano. Un archivio di penne, pettini, bambole, scatole, gioielli, presentati
in parte nella sala del museo dedicata all’esposizione permanente.

Accanto all’impegno di
conservare “la memoria del design”,
il Plart si distingue per il bisogno di documentare, il dinamismo delle
tendenze più recenti. Individua le mode come se fosse un cool hunter e investe
sui giovani. Delinea prospettive future e scopre personalità poco consuete. Non
a caso, molti designer ospitati nella sede campana oggi si ritrovano a
collaborare con aziende leader del settore e a partecipare alle rassegne più importanti.

Come il caso del duo FormaFantasma
(Andrea Trimarchi e Simone Farreris), giovani designer
italiani trapiantati a Eindhoven, protagonisti della sesta edizione della Giornata del Contemporaneo promossa
dall’Amaci con la mostra Autarcky
a cura di Marco Petroni.

Su un tappeto
rettangolare tessuto di grano è allestito un tavolo di legno su cui poggiano
ciotole, vasi, lampade realizzati con un bio-materiale composto dal 70% di
farina, dal 20% di scarti agricoli e dal 10% di calce naturale. Definiti da una
tavolozza cromatica “dipinta” dalle essenze del caffè e della cannella.

Un pauperismo formale
che, al tatto, ricorda la crosta del pane. I confini sono incerti, la texture
astratta. Una semplificazione assoluta, alterata dall’inserimento di un elemento
decorativo. “‘Autarcky’ testimonia come dal basso e con pochi materiali di
partenza è possibile ottenere un prodotto bello e sostenibile
”, afferma
Petroni. E aggiunge: “L’intento è di
recuperare il valore dell’artigianato, le regole dell’hand-made
”. Un progetto
che sperimenta le proprietà del sistema sensoriale: il profumo intrinseco degli
oggetti rimanda agli aromi utilizzati per la colorazione.

L’esperienza del Plart
parla ancora nelle due Napoli. Quella della strade travolte dai rifiuti
e quella di un luogo che si fa testimonianza, con le sue ricerche, dei valori
della naturalità, della terra e del recupero dei materiali. Napoli “carta
sporca”. Ma anche spazio di innovazione.

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La
Fondazione Plart

paola maddaluno

la rubrica design
è diretta da valia barriello


Plart

Via Giuseppe Martucci, 48 – 80121 Napoli

Info: tel. +39 08119565703; fax +39 08119565726; info@plart.it; www.plart.it

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