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Ci sono Elizabeth Peyton, Guillaume Bruère, Raphael Hefti, Thomas Hirschhorn, Gary Hume, Bethan Huws, Bertrand Lavier, Fritz Hauser e Camille Henrot. Dove? All’apertura della Fondation Vincent van Gogh ad Arles, la città dove il pittore ha creato le sue più importanti icone, e dove la nuova direttrice artistica – Bice Curiger – ha messo il colore come tema della prima mostra dell’istituzione, intitolata “Colours of the North, Colours of the South”. La risultante teorica è la riscrittura della tavolozza del Maestro, dai colori bui allo splendore dei paesaggi francesi della fine degli anni ’80 dell’800.
Ma tornando a poco sopra, in cosa intervengono i giovani e i grandi di oggi, intercettati da Curiger? Compongono la mostra “Van Gogh Live!”, riprendendo quello che Camille Henrot ha dichiarato del pittore dei girasoli: «Nei dipinti di Van Gogh, tutto è movimento, tutto è animato. Anche il mio modo di guardare le cose».
Una riflessione che l’artista francesce chiede anche con il suo intervento per la mostra, fatto con una serie di ikebana giapponesi, i tradizionali fiori carta: è ancora possibile essere rivoluzionari con i fiori? E poi c’è la luce di Arles, filo conduttore anche per Thomas Hirschhorn, Bertrand Lavier e Raphael Hefti, dove gli ultimi due hanno creato installazioni permanenti, per iniziare un nuovo cammino su e con Van Gogh, nel XXI secolo.
E’inutile celebrare Van Gogh se si è perso il suo anelito alla verità.Il museo Van Gogh recentemente ha messo in atto tutta una serie di iniziative commerciali che nulla hanno a che fare con il messaggio di Vincent.Ad esempio vendere copie perfette tridimensionali delle sue opere a cifre pazzesche.Ma la cosa più scandalosa è di aver autenticato di recente un quadro fortemente dubbio come Sunset at Montmajour,che non è di mano di Van Gogh.