13 aprile 2014

Fuorisalone 2014: viaggio nell’antropologia del Design

 
Luogo di piacevoli scoperte e continue delusioni. Che rapporto intrattiene il design con il suo pubblico, e che cosa resta di tutto quel groviglio di eventi che ogni anno compongono il Fuori Salone? Proviamo a raccontarlo in questo viaggio al termine della settimana più frenetica di Milano, con qualcosa che resta nella memoria

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981 eventi, 6 giorni, 34 distretti. Viaggio acrobatico, impossibile, percorrendo una città, emblema della sperimentazione, della creatività, dell’ innovazione del design. Questa la design week, attraverso i principali distretti, dimensione circolare del tempo e dello spazio in cui, come nelle pellicole di Polanski, non si delinea un punto di partenza, ed è ridicolo tratteggiarne il finale. Di questa avventura noi siamo soggetti-oggetti, immortalati mentre sostiamo brevemente per una pausa e postati su Instagram o Facebook, a seconda delle appartenenze ideologiche. 
Da 5 Giornate a Bicocca, da Isola a Lambrate, da Sarpi a Tortona si impugna il proprio smartphone, guidati da Google Maps, si parte stimolati dall’universo che ci apprestiamo a visitare, vetrina infinita di “items”, giocattoli dalle dimensioni più improbabili e spettacolari. 
Prima fermata Brera. La Ducati Motors e Martini sembrano dettare legge in questo distretto. Come nel mondo del design si lavora prendendo in considerazione luci e ombre, Ducati e IED (Istituto Europeo Design) insieme, proporranno un percorso multisensoriale. La mostra prevede una serie di installazioni di shadow art, una forma di scultura che invece di plasmare la materia crea ombre per raccontare, in questo caso, un simbolo indiscusso di stile e personalità quale il nuovo Monster 1200. Il percorso è ulteriormente valorizzato dalla location scelta: la Mediateca di Santa Teresa. Un luogo che integra modernità e storia, adattandosi perfettamente ad una moto.
Le grandi realtà si alternano a spazi più contenuti, vivibili ed intimi. La proposta di Hodara Art Designer/Always Unique è simbolo del potere del design, dell’impatto estetico che sintetizza la solidità concettuale ed artistica di un intero percorso. «La bellezza di una casa non risiede nella marca dei suoi mobili ma nella qualità dei suoi ospiti. Dall’otto al tredici aprile vogliamo accogliere nella nostra casa, nel nostro spazio di via Morone 8, i più esigenti cercatori di una bellezza che distingue». Per loro Vittorio Hodara ha creato oggetti di design dalla bellezza essenziale. Atelier Verkant/Embrace, storia in quattro fasi che racconta il piacevole incanto dell’argilla pura, volumi semplici e infinità delle geometrie. L’elemento antropologico è l’aspetto più caratteristico e interessante della settimana, quel “noi” che ammira e compra, instancabile fruitore, contenitore per eccellenza della miriade di stimoli invasivi che ci plasmano e trasformano. Una “tonnara umana”, variazione della definizione di De André, la quale si muove ad ondate, riportandoci al tavolo “Onda” di Boeri, presente nel distretto di Lambrate. Realtà che catalizza la nostra attenzione, viva ed essenziale come le opere d’arte che lo circondano. La traversata da una zona all’altra della città è continuamente accompagnata dalla visione di t-shirt fosforescenti, tacco 12, lineamenti stranieri, espressioni complesse. Un circo felliniano, in cui le comparse si fingono protagonisti, i copioni non vengono rispettati e le battute si perdono in un costante brusio di fondo. Così, ci si ritrova in via Tortona, con il Peugeot Design Lab.  Sette sculture leggere e rappresentative, da 10 a 70 cm, accompagnano il sofà Onix, che si impone come un concentrato tellurico precipitato dalla natura, la tecnologia e l’avanguardia.

Gravitando, ci imbattiamo nel One Design Contest/Into Forest: Un percorso, o meglio un viaggio, inatteso ed avventuroso, alla scoperta del volto più indipendente e di controtendenza del Fuori Salone. Into the forest svelerà poi le creazioni di 9 giovani designer che hanno scelto la sfida dell’autoproduzione. Non a caso ad ospitare l’evento, presso Stella McCartney, è lo Spazio Setmani, straordinario esempio di riqualificazione urbana, che ha trasformato quella che fino alla metà del ‘900 era stata una fabbrica di caffè d’orzo in uno dei luoghi più esclusivi e rappresentativi del potere creativo. A creare il percorso espositivo (una fitta foresta tropicale al termine della quale si apre la radura che ospita le creazioni dei giovani designer) saranno centinaia di canne di bambù. Considerato “acciaio vegetale”, questa pianta rappresenta nei Paesi emergenti il materiale più utilizzato nelle costruzioni, ma è anche un simbolo di eco-sostenibilità e, proprio come le opere esposte, una creatura controtendenza per la velocità “anomala” della sua crescita – (fino a 250 cm al giorno!)
Proseguiamo verso il Samsung/Flows: Journey to the Future. Da sempre Samsung indaga la relazione delle persone con la tecnologia, puntando lo sguardo verso il futuro che già emerge nel presente, scorrendo all’interno dell’evoluzione scientifica, dell’iper-comunicazione e dei grandi eventi naturali. 
Si prosegue con LASVIT/LASVIT MOTIONS. Lasvit presenta la mostra Motions che combina le nuove collaborazioni con il famoso architetto Daniel Libeskind e la design-star olandese Maarten Baas, con progetti già consolidati, rappresentati dai grandi nomi Michael Young, Arik Levy o Jan Plecháč e Henry Wielgus. L’azienda lancia in anteprima assoluta i lavori del proprio art-director, il noto designer Ceco Maxim Velčovský e l’installazione Lasvit Kinetic Sculptures, progettata dai promettenti talenti cechi Libor Sošťák, Petra Krausová e Jakub Nepraš

Ventura Lambrate, da anni in attesa di diventare uno dei fulcri del design e della moda, ambiente meno modaiolo, focalizzato sulle realtà più giovani, presenta una dicotomia profonda tra aspetti fortemente professionali e tentativi rudimentali privi d’identità. Il Berlin Design Selection, Löftström, De Vorm, Transnatural, Casa della Luce, Workmates. L’attenzione si rivolge verso il progetto Mindcraft 14, gruppo di artisti danesi, che lavorano con le proprie mani, costruendo capolavori, come la serie di vasi “Horror Vacui” di Morten Løbner Espersen, costruzioni in ceramica dalle sembianze antropomorfe, forme inquietanti, le cui estensioni sembrano crescere all’infinito. E si nota anche The dance of deaf and dumb eye, opera dell’artista Nikoline Liv Andersen, influenzata dalle scimmie giapponesi e dalle acconciature Luigi XVI. Teste iperrealiste di animali truccati e imparruccati, privi di torso, che osservano lo spettatore catalizzandone lo sguardo. L’influenza del nord Europa, nel distretto di Lambrate, riafferma una capacità conosciuta e riconosciuta da tempo. Le ombre di Ibsen si proiettano sugli oggetti, potenziandoli di energie incontrollabili. 

A pochi metri, Mendini ripropone la poltrona Proust, intagliata nel marmo, mentre Boeri, utilizzando il medesimo materiale, propone una struttura ad onda sulla quale poggia una lastra di vetro di 4 centimetri. 
Quarto giorno di mezzi pubblici e taxi, si approda al teatro Franco Parenti che ospita l’Elita Design Week Festival. Tema conduttore dell’edizione 2014 del festival è #SPACEMAKERS ovvero il rapporto tra spazio ed espressione creativa. Headquarter del Festival, il Teatro ospiterà una rassegna internazionale di gruppi musicali, dj, performers e un ampio programma culturale tra mostre, presentazioni di libri, conferenze, l’esclusivo progetto dedicato alla Black MIDI Music di Madam con l’installazione interattiva #1 in Sala A, e lo speciale appuntamento domenicale con il party di chiusura del Fuorisalone, dedicato al mondo del design.
La Triennale si profila come ultima meta del lungo viaggio, presenta Aisin, del gruppo Toyota, in anteprima world wide un progetto di interaction furniture che adotta la tecnologia automobilistica per disegnare un futuro a diretto contatto con la natura
Quasi “arredi-isole” di un arcipelago di emozioni, creano una immaginaria camera da letto e in una ideale area living, in dialogo funzionale ed emozionale con luci, suoni e oggetti, diventando utili alleati per compiere azioni usuali – come accendere e spegnere una lampada o gestire tende e tapparelle e dispositivi elettronici – e generare sensazioni ambientali. Il calendario è andato avanti con l’evento Barrel Recycle Collection, identificato tra l’idea etica di riciclo e la poesia della trasformazione. Lontano dall’uniformità standardizzata, vecchi fusti industriali in ferro, riciclati, rivivono, diventano “altro”. Anche se il concetto è semplice la trasformazione da Barrel a “open object” multifunzionale e personalizzabile e tailor made è molto sofisticata, non si tratta solo di bonifica. Il recupero dei vecchi bidoni in librerie, mini bar, portagioie o scarpiere, pouf contenitori o sedute, mini cantine con ruote ma anche in vasi per esterni, si basa sulla filosofia della sostenibilità e dell’artigianalità che rende ogni oggetto unico e originale. 

Blackbody/Sculture, progetto di Aldo Cibic, si è svelata al pubblico per la prima volta in questa creazione, esaltata dalla luce impalpabile dei pannelli OLED, il designer italiano ha voluto giocare con un’antica credenza secondo cui gli specchi delle cartomanti – derivati dalle loro sfere di cristallo – portano fortuna ai loro proprietari e ha immaginato un oggetto “magico” luminoso.
Saliamo e scendiamo le scale del dedalo dedicato all’arte imbattendoci nel Korea Craft & Design Foundation/CONSTANCY & CHANGE IN KOREAN TRADITIONAL CRAFT 2014. Dopo il successo riscosso l’anno scorso al Salone del Mobile di Milano, l’artigianato tradizionale coreano ritorna anche quest’anno con diciotto artigiani, presentando opere realizzate in una vasta gamma di materiali tradizionali: dalle ceramiche a oggetti in metallo, da decorazioni in madreperla a lavori in carta di gelso e tessuti. Materiali che danno forma alla bellezza naturale dell’artigianato coreano, frutto della preziosa manualità. L’installazione è, invece, opera dello studio di architetti associati Origoni Steiner che, attraverso un esame accurato della cultura coreana, è riuscito a concepire uno spazio che, nella sua naturalezza ed eleganza, ben rappresenta lo spirito della bellezza coreana. La valutazione critica di questa mostra è stata invece affidata a due voci di massima autorevolezza nel mondo del design italiano: ai maestri Gillo Dorfles e Cristina Morozzi. Lo spazio offre ulteriori progetti e variazioni sul tema, si tratta di ora di individuare una conclusione possibile, focalizzando l’attenzione su ciò che ha rappresentato una reale novità. 

Epilogo: una bolla speculativa volteggia da qualche anno sulle grandi manifestazioni artistiche, sulle fiere, all’interno degli spazi più nobili dedicati all’arte in tutte le sue declinazioni. I broker a Wall Street, l’emiro del Qatar, i grandi collezionisti asiatici, trovano rifugio nell’arte contemporanea, pagando la tela di Cezanne Giocatori di carte 250 milioni di dollari. Fingersi sbalorditi, se si pensa al connubio arte-business, sarebbe ingenuo. Michelangelo docet. Ora, i flussi di capitali cambiano direzione come i deputati le poltrone, ma ciò che rende questa realtà insostenibile è la regolamentazione del mercato, degli artisti e opere al seguito, da parte del capitale. Durante questo viaggio dantesco, si sono affrontati diversi gironi, gli eventi citati: ho dell’arte e, della design week, la stessa considerazione che ho davanti ad un piatto di cibo cinese. Bisogna scegliere ciò che più ci interessa e tralasciare obbligatoriamente il resto. Nonostante le realtà di mercato, l’arte rimane, nella piena accezione del termine, una dimensione di nicchia. Sebbene il business spinga una mole infinita di persone ad impegnare la propria vita al fine di produrre l’opera che rivoluzionerà il nuovo millennio, si constata una oggettiva assenze di contenuti fruibili, di idee, di progetti che siano già in nuce destinati a trasformarsi in un cammino condiviso, modificando visceralmente il nostro sentire, le nostre certezze. L’arte deve essere scomoda, elitaria e spesso poco attraente. La Design Week è luogo di piacevoli scoperte e continue delusioni. Accettare questa condizione, è la conditio si ne qua non per continuare questo viaggio fantastico nel ventre dell’arte nel suo continuo divenire.

1 commento

  1. Ottimo pezzo. Complimenti al giornalista. Finalmente una critica “reale” e non il solito pezzo che ci vende mostre, biennali, rassegne, ecc ecc, come eventi imperdibili.
    Critica interessante!

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