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Un’epopea di vita e carriera brevissima, iniziata ad Arco (Trento) nel 1858 e finita 41 anni più tardi sul monte Shafberg. Contrariamente allo Chagall apolide, Giovanni Segantini è stato un “frontaliere” piuttosto stanziale, e isolato. Ora, con il grande pittore russo, sono fianco a fianco a Palazzo Reale, in attesa del terzo visionario, Van Gogh.
Anche stamattina Milano “capitale europea” come l’ha definita Domenico Piraina con l’Assessore Filippo Del Corno bissa il successo di ieri con la presentazione di Marc Chagall, riempiendo la sala stampa e la mostra. Il “grande sforzo” di affiancare le due figure, come racconta Piraina, è stato premiato, e così a Milano ora si può avere anche la mostra più completa mai realizzata su un grande anticipatore del Novecento, dai tratti divisionisti, simbolisti, che faranno da humus a tutte le avanguardie del secolo breve.
Come ieri il copione si ripete, non a torto. Perché davvero anche in questo caso c’è autorevolezza nel progetto curatoriale, grazie all’aiuto e alla collaborazione tra Diana Segantini e Annie-Paul Quinsac, in un progetto di ricerca che muove per grandi tematiche e che nonostante l’aspetto divulgativo (che di certo non deve mancare nelle mostre di spazi mainstream come Palazzo Reale) non manca di un forte rigore scientifico.
L’Assessore Del Corno parla di due mostre, Segantini e Chagall, come «le architravi del programma “Milano Cuore d’Europa”», e che vedono qui partner la fondazione Pro-Elvetia, il Consolato Generale della Svizzera ma, soprattutto, Skira, che ha finanziato in toto una mostra che, purtroppo, non prevede per ora prossime tappe.
E c’è anche un’altra grande novità: la stessa Skira, alleata con il Comune di Milano per la mostra di Leonardo nel 2015, è riuscita a strappare il prestito di tre opere del grande genio milanese dal Louvre. Anche in questo caso l’occasione è buona per rimarcare l’importanza di cooperazione tra pubblico e privato, che Del Corno ormai sottolinea come un mantra a tutte le presentazioni.
A caval donato, comunque, stavolta non si guarda in bocca, soprattutto se porta qualcosa come 130 opere da parte di 80 prestatori diversi, con un catalogo decisamente bello. L’idea della mostra blockbuster, come parlano piccati i vertici del Comune, stavolta davvero verrà smentita.