29 settembre 2014

allons enfants/2

 
Seconda puntata dedicata agli artisti di domani, curata da Andrea Bruciati. Oggi è il turno di Roberto Fassone, piemontese classe 1986. Passato in residenza in Viafarini e grande appassionato di musica

di

Prima di tutto, fammi dire che sono ubriaco di questo vino merdoso.
Quindi probabilmente ho usato la parola puttana un paio di volte.
Ero abituato ad amare la tua fottuta bocca, tu ti sei stufata della mia.
Ma non mi ha mai spiegato quale fosse la ragione.
Quando ci baciavamo, tu facevi finta di nulla.
Come se lo facessi solo per dimostrare che lo potevi fare.
Lo sai che non ho problemi a farmi scopare da  ragazze che sono mie amiche.
Ma tu mi hai scopato in maniera differente. Credo tutto dipenda.
Ti messaggio nel mio giorno libero. “Hei baby, cosa capita?”
“Mi dispiace ma non riesco”. Faccia triste, emoticon.
É divertente vederti con questi ragazzacci con cui esci.
Te l’ho detto, sono un soldato, ho bisogno di una girl scout con cui uscire.
Faccià in giù, culo in alto. Questo è il modo in cui mi hai mollato.
Pensavo fossimo una scintilla ma mancava Lisa Leslie.
“Lo sai che è infantile scrivere una canzone per provarci!”
Sono sempre stato fottutamente infantile. L’hai scoperto quando mi ha conosciuto.
da The Longest Text Message Ever (Childish Gambino), 2011

La tua formazione? 
«Nel 2005 completo gli studi classici ad Asti e successivamente nel 2009 conseguo la laurea triennale in Progetto Grafico e Virtuale presso il Politecnico di Torino. Mi trasferisco quindi a Venezia dove nel 2012 ottengo la laurea specialistica in Progettazione e Produzione delle Arti Visive allo IUAV (dove seguo i laboratori di Cesare Pietroiusti, Francesco Vezzoli, Tania Bruguera e Antoni Muntadas), con una tesi sulle connessioni tra gioco, arte contemporanea e processi creativi. Tra il 2011 e il 2013 sono artista in residenza alla Fondazione Ratti di Como (con Susan Hiller), alla Fondazione Spinola Banna (prima con Massimo Bartolini e poi con Marta Kuzma) e infine in Viafarini a Milano».
Roberto Fassone, 0∞1, installazione, 2013 ph. Marco Vergano

Come sintetizzeresti al tua ricerca?
«La mia ricerca è divisa sostanzialmente in due. Da una parte si concentra analiticamente sui processi creativi, la questione dell’arte e le strategie sottese alla produzione di ciò che chiamiamo opere. Si tratta di un tentativo di osservare, raccogliere, classificare ed esplicitare le strutture, i linguaggi e i processi che si ripetono nel contemporaneo. è come provare a osservare l’arte contemporanea da un punto di vista quasi scientifico, un approccio la cui metafora è un mago che prova a smascherare i trucchi del mestiere facendo a sua volta una magia. L’altra parte della mia ricerca si focalizza sui sentimenti, sulle emozioni e sul fare le cose esattamente come le vorrei. In questo senso è una ricerca estremamente viscerale e di conseguenza difficile da esprimere a parole».
Il tuo modo di procedere?
«Non ho un metodo standard di procedere: generalmente le idee per i lavori si formano nella mia testa durante letture, discussioni, viaggi in macchina o prima di andare a dormire. A quel punto le analizzo in maniera più profonda per capire se hanno del potenziale. Quelle che resistono al tempo e a ulteriori analisi sono quelle che poi si concretizzano».
Roberto Fassone/Enrico Boccioletti, TRVE (Louis Vitone), 2014

Di cosa si nutre il tuo immaginario?
«Soprattutto di ciò che è recente e reputo precipuo degli anni in cui vivo, stessa cosa per la musica. Per esempio in questo periodo Cloud Nothings, Schoolboy Q, Das Racist, Blood Orange, Frank Ocean, The Dream, Thee Oh Sees, Liturgy e molti altri. Lo stesso discorso vale per le serie che danno in tv: osservo molto attentamente le sigle, i titoli di coda e di testa delle produzioni cinematografiche e televisive. Sono affascinato dai dettagli delle cose, dai giochi, dai font, dai sogni lucidi, dalle pubblicità e dall’evoluzione/involuzione stilistica delle sneakers, delle maglie da calcio e delle interfacce».
sibi 2.0, software, 2012

Qual è il tuo approccio alla vita?
«Cerco di concentrarmi sul fare e sulle persone a cui tengo: cerco di evitare brutti pensieri e persone che non mi fanno stare bene».
Vi sono tipologie di opere cui far riferimento e autori?
«Una delle prime opere che mi ha veramente colpito fu Elementi di Matteo Rubbi. Cerco di non fare riferimento a nessuno, ma sono un appassionato e fan delle opere semplici ed accessibili. Sono attratto da quei lavori che mantengono forza nell’essere solamente raccontati. In questo senso trovo stimolanti alcune opere di Martin Creed, Paola Pivi, Dragana Sapanjos, Elmgreen and Dragset, Cory Arcangel, Jack Strange e molti altri. Non da meno ho grande interesse per quello che ha fatto Andy Kaufman e per ciò che stanno elaborando ora The Lonely Island». 
Roberto Fassone, Per te (4U) live, performance, 2013, ph. Valentina Roselli

Mi piacerebbe mi raccontassi un aneddoto riferito al tuo approccio con l’arte.
«Mi ricordo che quando avevo otto anni io, mio fratello e mio padre andammo in Spagna a fare un giro nei Pirenei. Finita l’escursione ci recammo a Barcellona e ci fu un referendum tra noi tre per decidere se andare allo zoo o a una storica retrospettiva di Renoir. Io e mio fratello ci alleammo e si andò allo zoo. Credo che il mio approccio all’arte sia ancora lo stesso».
Qualcosa che hai letto o ascoltato che per te è rimasto importante o speri che lo sarà…
«Le letture che mi hanno più segnato sono: un libro con tutti i testi delle canzoni di Prince (con traduzione a fianco) che mia zia mi regalò quando avevo sei anni e che mia mamma bonificò strappando la metà delle pagine; La questione dell’arte di Nigel Warburton, la quasi totalità dei testi di Bruno Munari e un manuale di comunicazione persuasiva scritto da Davide Vannoni. Rimane importante tutta la musica che ascolto, anche se credo di aver imparato molto da Apocalypse Dudes dei Turbonegro e da Feed the Animals di Girl Talk».
Roberto Fassone, Useless, still da video, 2013

Ora però una domanda per te, Andrea: in base a quali criteri giudichi la qualità di un lavoro?
«Come per te possiedo criteri paralleli, dall’intellettuale all’emotivo, che intrecciandosi mi portano ad analizzare con una certa disomogeneità di approcci, ma anche secondo una visione ricca di sfaccettature. Direi che il risultato valutativo finale è ottimale».
Roberto Fassone nasce il 20 marzo 1986 a Savigliano (Cuneo), 

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui