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Mancano poco più di sei mesi, perché la 56esima Biennale di Venezia di Okwui Enwezor debutterà in laguna con un mese buono di anticipo, il prossimo maggio, è ancora nulla si vede all’orizzonte. Di che parliamo? Della direzione del Padiglione Italia. Che a tutt’oggi non solo non ha un nome, ma anche i rumor che ruotano intorno a questa nomina sono dei più nebulosi. Si parla di una serie di “audizioni” di alcuni curatori romani e di grandi nomi della critica che in questo caso sarebbero prestati alla curatela, ma nulla più. Il mistero che avvolge il Belpaese perennemente in ritardo è fitto, come nel più classico dei casi diplomatici.
E, in effetti, l’affaire Biennale la dice lunga in fatto di “mancati appuntamenti” dell’Italia con la cultura legata al contemporaneo, e basta ricordare la nomina di Cino Zucchi come curatore dell’Italia alla Biennale Architettura dello scorso anno, avvenuta praticamente al 90esimo minuto. Quel che è certo è che un direttore prima o poi si farà ma, ça va sans dire, avrà pochissimo tempo per preparare un progetto convincente, al pari dei Paesi nostri vicini – e anche di quelli lontani – che da tempo hanno schierato le loro pedine, dall’Australia alla Turchia, dall’Olanda agli Stati Uniti, che puntualmente vi abbiamo raccontato. La scommessa da fare? Forse stavolta non è nemmeno tanto sul nome, quanto sulla figura che l’Italia potrà fare in casa propria. As usual!