12 ottobre 2014

Le tasse? Si potranno pagare cedendo allo stato opere d’arte. Il MiBACT “rivoluzionario” rispolvera una legge vecchia di oltre trent’anni, mai attuata nei fatti

 

di

Alberto Burri - Sacco 5P - 1953 - tela, tempera, vinavil, sacchi, e plastiche su tela - cm 149x129,5 - Fondazione Palazzo Albizzini, Collezione Burri, Città di Castello (PG)
Imposta sul reddito delle persone fisiche, l’imposta sul reddito delle persone giuridiche e le imposte di successione. Ecco, tenetevi a mente queste tasse, perché da oggi potrete pagarle cedendo opere d’arte. Come? Semplicemente presentando domanda agli uffici periferici del Ministero, nel proprio territorio di residenza, sia all’Agenzia delle entrate. 
Arriva oggi una nuova piccola grande rivoluzione del Ministero di Dario Franceschini, che ormai ci ha abituato a una novità al giorno, o quasi.  
In ultimo, appunto, la ricostituzione della commissione che permette il pagamento, totale o parziale,  delle tasse attraverso la cessione di opere d’arte, con i corrispettivi indicati dal Mibact e dal Mef,  che valuterà le proposte di cessione di opere come corrispettivo del pagamento di imposte. 
«In questo modo lo Stato adempie ad un duplice obiettivo: da un lato, in un momento di crisi, consente ai cittadini di assolvere ai propri obblighi fiscali tramite la cessione di opere d’arte, dall’altro, torna ad acquisire patrimonio storico e artistico. La legge (la numero 502 che esiste dal 1982) salvo casi sporadici, non è stata mai attuata con convinzione, e questa commissione non era stata rinnovata e non si riunisce dal 2010, sebbene l’esperienza di altri Paesi europei, l’Inghilterra prima fra tutti, ne dimostri le grandi potenzialità», ha dichiarato il Ministro.
L’ultima opera donata allo stato come corrispettivo, infatti, risale proprio al 2010, ed è un dipinto a olio di Burri Bianco e Nero, stimato circa 100mila euro, e acquisito alla Galleria Nazionale dell’Umbria. 

1 commento

  1. Anche a una cavolata al giorno, ci ha abituato. Si veda la pessima figura fatta con i bandi poi ritirati, tutta la squallida vicenda dell’Opera di Roma dove a perdere il posto sono i musicisti e non gli amici degli amici nullafacenti e incapaci del Cda, e adesso anche questa coglionata. Di oggi c’è anche la proposta di portare le opere d’arte nelle scuole, così davanti a frotte di ragazzini urlanti saranno “valorizzate” meglio (e la conservazione? e i rischi? e i costi?). Il tutto naturalmente in scuole penalizzate dai tagli, che letteralmente crollano a pezzi e dove manca pure la carta igienica (e l’inserimento della storia dell’arte è ormai un optional). Complimenti al personaggio per le genialate, ma del resto basta guardarlo in faccia per capire che, a parte il trasformismo che lo fa galleggiare sempre come certe cose che non nomino per pietà, di certo non svetta per acume d’intelletto. Ed è quello che ci meritiamo. Tranquilli, ancora un paio di spallate e poi del tanto decantato “Belpaese patria dell’arte” non resterà nemmeno un coccio.

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