12 novembre 2014

QUESTION TIME

 
di Luca Rossi

Vincenzo Trione come Antonio Conte

di

Il balletto dei criticoni rispetto al solito “stato italiano” è puntualmente iniziato, come è arrivata puntualmente (in ritardo) la nomina del prossimo curatore del Padiglione Italia 2015. Sembra che se la nomina venga fatta nel giro dei curatori “cool” e del migliore sistema dell’arte, non sia politica, ma se la nomina cade su uno nuovo, subito si pensa all’eccessiva ingerenza della politica. Come se potessimo essere sicuri che la nomina del Padiglione USA o del Padiglione Germania non abbiano risvolti e motivazioni politiche.
La caratteristica fondante di queste nomine ministeriali, legate all’arte contemporanea, è che in Italia esiste un gap e uno scollamento enorme tra l’arte stessa e il pubblico. Questo non perché l’arte contemporanea sia noiosa o difficile, ma semplicemente perché, non avendo un sistema formativo adeguato, siamo stati incapaci nel formare divulgatori efficaci e motivati. Nel momento in cui non esiste un pubblico vero e minimamente vasto, la politica si disinteressa e fa scelte dettate da criteri che non potranno mai essere chiari agli addetti ai lavori. Quali dovrebbero essere i criteri di scelta del curatore? Il Curriculum Vitae? Rispetto a quali referenze? Oggi abbiamo file gonfie di professori, accademici e ricercatori con Curriculum Vitae ricchissimi, ma nessuno saprebbe dire cosa serve veramente sapere ad un “curatore di arte contemporanea” figura dai contorni quanto meno poco definiti. Quali criteri seguire senza una critica d’arte capace di fare le differenze durante l’anno? Tutto potrebbe andare bene: semmai il migliore Padiglione Italiano potrebbe curarlo oggi un operaio della Fiat. Molti si lamentano che è stato fatto un Bando ma che non è stato rispettato. Cosa tutta da verificare, esattamente come, privi di un sistema critico vitale e di un’opinione pubblica alfabetizzata, è del tutto impossibile verificare la qualità di una nomina rispetto ad un’altra. La scelta appare ancora più difficile nel momento in cui la politica percepisce chiaramente che non esiste un pubblico interessato ed appassionato.
In questa situazione la nomina della politica non potrà che scontentare gli addetti ai lavori, mentre lascia del tutto indifferenti il pubblico che è distante e assente dalla platea. La politica riuscirà a scegliere il “migliore CT della Nazionale”, l’Antonio Conte del Padiglione Italia, quando esisterà una critica d’arte vitale, capace di argomentare luci ed ombre, divulgatori capaci e la presenza di un pubblico attento, interessato ed appassionato. Il CONI non avrebbe mai potuto nominare come tecnico della Nazionale di calcio un allenatore pur bravo ma sconosciuto, perché si sarebbero sollevati pubblico e addetti ai lavori.
Coloro che criticano questa scelta non possono lamentarsi se un sistema-arte anomalo 365 giorni all’anno, produce in uno di questi 365 giorni una “nomina anomala”. Chi critica la nomina di Vincenzo Trione è cieco o ingenuo, perché è come se si lamentasse della mancanza di pioggia nel deserto: o non vede che siamo in un deserto, o pensa ancora che nel deserto possa piovere. Ho letto le premesse di Vincenzo Trione per il prossimo Padiglione Italia e l’impostazione, almeno sulla carta, mi sembra molto interessante.

10 Commenti

  1. Non sono d’accordo, o meglio concordo con la visione critica ristretta, la non conoscenza da parte del pubblico dell’arte contemporanea, il parallelo tra Conte e Trione (seppure non ci sia storia sulla preparazione maggiore di un “conte”) etc. etc.
    Ma la nomina è stata fatta secondo me su basi politiche di cautela democristiana, per non avere un padiglione importante, dirompente, ma solo istituzionale e addomesticato.
    Parallelo con artisti del passato? Noia.
    Codice Italia? Neppure il copywriter più piatto l’avrebbe chiamato così.
    La sua formazione accademica? Non serve questa per un contesto così internazionale, ma qualcuno che abbia il coraggio di mettersi in linea con quello che l’arte può rappresentare per questo paese, oggi. non dentro le accademie o le storie dell’arte.
    Meglio l’operaio fiat – la provocazione non è sbagliata, caro lucarossi potresti osare di più invece di accontentarti di Trione.

  2. Ciao Giorgio,

    io eviterei di fare illazioni sulla nomina. Ma cercherei di allargare il discorso, per capire che i primi responsabili di questa situazioni sono gli operatori dell’arte contemporanea che hanno lavorato in Italia negli ultimi 20 anni. Un padiglione Italia non si fa in un giorno e neanche con una nomina.

    Certo, che la scelta assomiglia a quella di Luca Beatrice qualche anno fà, per una Padiglione sostanzialmente reazionario e conservatore. Ma oggi non serve fare la Rivoluzione in un Padiglione Italia che poi prima o poi chiude, ma nelle CASE DELLE PERSONE. E’ quella l’unica e la vera dimensione dove poter agire e innescare un cambiamento e una rivoluzione.

    Per questo motivo lavoro da sei anni sul mio blog ad almeno tre aspetti: linguaggio, critica e pubblico. Il blog che, come un’opera d’arte eco-consapevole, può entare nelle case delle persone. Questi tre aspetti confluiranno presto in una mostra-evento ad Imola prima e durante Arte Fiera a Bologna. Un’iniziativa che potrebbe segnare una svolta nell’arte italiana e non solo. Ecco l’evento su Facebook: https://www.facebook.com/events/389964227822378/?pnref=story

  3. caro Luca, poiché mi colloco volentieri tra i “criticoni” della prima ora e anche tra quelli che da vent’anni si occupano di arte contemporanea in Italia, cerco di spiegare perché non sono d’accordo con quanto dici.
    Avremo anche delle responsabilità, senz’altro, ma soprattutto nel senso di una scarsa vigilanza critica sull’operato di chi ci sta sopra e ha responsabilità dirette. E da questo punto di vista, se mi permetti, mi chiamerei un po’ fuori, avendo cercato in molti modi di esercitare, magari non adeguatamente, proprio questa vigilanza. Non è retorica e non è scaricabarile, ma sono proprio convinta che le maggiori responsabilità vadano imputate a una classe politica che, purtroppo di destra o di sinistra che sia, non nutre considerazione verso questo mondo. E che anzi, spesso, mostra un sovrano disinteresse e conseguente colpevole ignoranza. Non impegnandosi, ad esempio, in quello che tu dici essere essenziale e cioè la creazione di un pubblico informato e in grado partecipare criticamente all’offerta culturale. Tu dici che ai nostri politici non interessa questo mondo perché è striminzito e non ha voce in capitolo. Io non vedo, in questo senso grandi responsabilità di chi lavora nel settore della cultura, perché purtroppo il nostro lavoro, buono o cattivo che sia, è generalmente bypassato da logiche che con la cultura hanno ben poco da spartire. La polis, da cui ha origine la parola politica, no si fa da soli.
    Dimmi il nome di un ministro che frequenti da vicino, che sia informato o che almeno si affidi a qualcuno che realmente sta dentro questo mondo, e che sia in grado di fare scelte consapevoli e idonee. A me, negli ultimi anni, non ne viene in mente nessuno. Vedo invece profonda continuità nel disinteresse, e a volte addirittura sprezzo per la cultura tutta e per quella contemporanea in particolare. E’ da qui che nascono nomine confuse, sciatte e tardive per quello che dovrebbe essere un settore decisivo del nostro made in Italy, perché momento di verifica della nostra capacità odierna di produrre senso e visione: è il caso del Padiglione Italia alla Biennale.
    Non è una roba da poco, è qualcosa che il mondo va a guardare e per cui ci giudica. E sono anni che, in un modo o nell’altro, questa cosa non si rivela all’altezza delle aspettative o, peggio, va parecchio male.
    Dario Franceschini si è attivato molto in questi mesi, ha tentato una riforma duramente criticata all’interno del suo ministero, ma in cui personalmente vedo diversi buoni spunti e soprattutto la voglia di voltare pagina e di aprire un nuovo corso. Ma questo stesso ministro, che fuori tempo massimo, nomina una persona di tutto rispetto ma non all’altezza del compito che ha davanti – non l’ha mai dimostrato finora ed è difficile che in cinque mesi maturi quelle conoscenze, esperienza, fiducia presso gli artisti e altre competenze necessarie per affrontare un compito del genere – mi ha deluso profondamente. Ci vedo una sostanziale continuità con il passato. Detto questo, sono pronta a ricredermi di fronte a una smentita, nei fatti, di quello che affermo qui, riguardo Trione e anche Franceschini.
    Ma in questa occasione Franceschini non ha fatto altro che confermare l’atteggiamento che normalmente la politica ha verso la cultura: usarla come merce di scambio per altre partite, metterla in fondo all’agenda, non capendo che è anche da qui che si gioca la ripresa di un Paese che affonda sempre di più.

  4. Cara Adriana,

    prima di tutto grazie per il tuo tempo e la tua attenzione. Questo è un fatto già straordinario in un sistema che, per disillusione o snobberia, tende ad essere superficiale.

    Un politico che si occupa di cultura dovrebbe essere un poco illuminato, quindi avere la capacità di andare oltre il raggio di interesse del pubblico, inteso come gusto comune.

    Se ci pensi la politica difficilmente sbaglia la nomina del CT della nazionale di calcio. Si sceglie sempre la figura potenzialmente migliore e più preparata, anche rispetto la scena internazionale. Perchè nell’arte questo non avviene?

    Perchè in questo paese NON è chiaro il valore dell’arte, e specificatamente dell’arte contemporanea, anche come capacità di vedere e gestire l’arte antica. L’arte presiede veramente ad ogni ambito umano, quindi sarebbe fondamentale per un paese come il nostro.

    Questo “valore non chiaro” dipende dalla scarsa formazione e dall’ incapacità di direttori, critici, curatori; ed anche artisti. Non farmi parlare della condizione delle Accademie di Belle Arti, per favore. Ovviamente non mi riferisco a te, ma in questi anni ne ho parlato eccome.

    Non vorrei sembrare megalomane, ma in questo sistema chi usa minimamente il buon senso diventa subito super brillante e megalomane: e a questo punto i fatti sono due:

    – o cercano subito di riportarti sulla mediocrità generale

    – o pensano che ci deve essere sotto qualcosa (???)

    In questi sei anni ho cercato di dialogare con tutti e proporre a tutti proposte concrete che potessero aiutarci ad uscire da questa condizione. Tutto gratuitamente da parte mia. E con progetti che si potrebbero fare con due euro. Ma niente. Quindi le cose le sto facendo da solo, e si diventa giocoforza altermoderni e antifragili (vedi primo testo sul blog whitehouse).

    Ecco, il progetto che stiamo organizzando tra dicembre e gennaio, ha le potenzialità di indicare una speranza. Ne sono convinto.

  5. Come consuetudine il lucarossi quotidiano (non dei lavoratori) informando l’Italia dell’arte è – bisogna ammetterlo- sempre divertente e in certi casi addirittura divertentissimo.Si pensa che sappia quanti sono coloro che oramai chiedono insistentemente per questa gran testa la guida di qualche importante manifestazione.Per ora,però,non se vanti troppo e non abbia gran fretta, perché un serio problema esiste: usarla in quale campo? Da quanto se ne sa i pareri sono molto discordanti.

  6. Caro Luca Rossi, una domandina semplice semplice per te, ma se davvero questa nomina (quantomeno noiosa) non è riferita alla c.d. politica, come mai non viene mai neanche minimamente gente di straordinario talento riconosciuto a livello planetario come Carolyn Christov-Bakargiev, che vi ricordo è innanzitutto italiana e profonda conoscitrice dei fenomeni culturali italiani oltre che del mondo tutto (che deve avere da dOCUMENTA o dalla Biennale di Instambul o dal Ps1 etc un riconoscimento di valore, mai dall’Italia), forse perché donna? forse perché di enorme valore di pensiero, e sopratutto forse perché di grande pensiero autonomo e libero? (quindi capace di evitare ogni forma di condizionamento con le “porcherie” a cui siamo affidati e abituati?) P.s. (Polveroni merita una tua risposta volevo suggerirti di darne una per davvero)

  7. @Lu Jodo Negro:

    Il Padiglione Italia non è la Biennale di Venezia. Ogni nomina lascerà qualcuno poco soddisfatto. Quindi tanto vale prenderne atto. Il vero dramma NON è guardare al curatore, ma a quali potranno essere gli artisti invitati. E qui si apre il vero deserto italiano, motivato da operatori che hanno lavorato male negli ultimi 20 anni sotto tre profili:

    -critica d’arte assente (linguaggio omologato alla scena internazionale, assenza di artisti di qualità che non siano artigiani della creatività o burocrati delle pubbliche relazioni, vedi i vari Vascellari Italiani)

    – pubblico vero assente (assenza di critica e di divulgatori capaci di riportare al pubblico il valore dell’opera d’arte)

    – assenza di un lavoro sul linguaggio che possa superare moderno, postmoderno e post produzione. Vedi primo post sul blog whitehouse.

    Ci sarà un evento-mostra tra dicembre e gennaio che credo possa indicare una via: https://www.facebook.com/events/389964227822378/?pnref=story

  8. Quando la cultura e l’arte contemporanea diventeranno realmente parte del nostro quotidiano e non relegate ad un ruolo secondario ed elitario, quando si supererà la dicotomia tra una criptica arte di sinistra e un’arte di destra compiacente e popolare, quando si inizierà a considerare il pubblico come fruitore intelligente e non come un bambino stupido, quando smetteremo di CRITICARE tutto e tutti e finalmente cominceremo a considerare le potenzialità dell’industria della creatività, arte contemporanea inclusa, come uno dei settori chiave della nostra ripresa, allora forse inizieremo a dare una svolta. La diversità tra noi ed il resto del mondo, riferendoci al caso Biennale – e parla una persona che lavora da vent’anni per la Biennale di Venezia e da 10 vive in Gran Bretagna – è prima di tutto la mancanza di trasparenza, di serietà nell’organizzazione e gestione dei progetti e di rispetto professionale per gli artisti. Chi ha deciso cosa? Dove sono stati pubblicati i bandi? Cosa si deve fare per poter sottoporre una proposta curatoriale per il Padiglione Italia? Dove devo andare per accedere alle informazioni? A chi mi devo rivolgere? Perché c’è stato un ritardo nelle nomine quando la maggior parte degli altri paesi sapevano già a Marzo chi avrebbero scelto? Scozia, Nuova Zelanda, Australia, Gran Bretagna, solo per citarne alcuni, pubblicano bandi pubblici a cui possono partecipare curatori ed istituzioni, ed in base poi al progetto si sceglie. Con ciò non nego che anche da loro non ci siano logiche di chi conosce chi: chi lavora nel mondo dell’arte ne conosce le dinamiche, e chi si stupisce ancora della scelta dell’amico di tizio e Caio, non conosce il mondo dell’arte. Ma noi non abbiamo RISPETTO e FIDUCIA. Navighiamo nella continua critica di tutto, ci hanno abituati ed assuefatti a questo, dalla televisione alla politica, dall’informazione al caffè al bar, e non ci rendiamo conto invece che se solo sapessimo RIVALUTARE in senso positivo quello che abbiamo e promuoverlo potremmo innescare un cambiamento. Invece di sbranarci ogni volta con attacchi velenosi per la scelta del curatore, iniziamo a pretendere che sul sito della Biennale siano pubblicate le informazioni riguardo a come, chi e perché verrà nominato. Oppure che la nomina sia fatta 8 mesi prima, oppure un miliardo di altri oppure. Io mi scaglierei non contro il pubblico ignorante, ma lo snobismo generalizzato, la frustrazione, il senso di competizione, l’incapacità di ascoltarsi e la mancanza di struttura. E ripeto mentre noi continuiamo a sbranarci, al di fuori dicono – perché lo vedo quotidianamente con il lavoro che faccio – ..sono i soliti italiani…ed allora Venezia e l’Italia saranno solo fantastiche “Venue” per i matrimoni alla Clooney. Perché dire che non ci sono artisti capaci, né Accademie capaci, né curatori capaci e pubblico stupido? Perché avere una così bigotta ed ottusa opinione di noi stessi? La qualità del nostro prodotto è alta, ed anche quello della nostra educazione, anche se forse ancora per poco, ed abbiamo la fortuna di vivere in un paese ricchissimo di potenzialità, ma, nonostante pensiamo di saperlo fare, non lo sappiamo comunicare e probabilmente non sappiamo lavorare. Parliamo troppo, ascoltiamo poco, agiamo ancora meno.

    Il nuovo curatore ha stabilito che renderà pubblica la lista degli artisti verso Gennaio-Febbraio e che saranno opere site specific, pensate appositamente per la Biennale. La Biennale aprirà quest’anno a Maggio: che rispetto si ha per il lavoro di un artista invitato a partecipare se gli si danno solo 4 o 5 mesi per preparare l’opera per la Biennale? Chi è che finanzia l’artista? Suppongo in parte si debba autofinanziare, trovare uno sponsor, una galleria, un’istituzione. Dipende poi da che tipo di lavoro fa, dal progetto, etc…chi dipinge fa il quadro per conto suo, ma chi lavora con video, installazioni, materiali, muove una macchina di persone che collaborano al progetto. L’Italia vive ancora con questo concetto romantico e decadente dell’artista baciato da Dio: l’arte contemporanea sconfina con design, architettura e tecnologia. E’ un settore dell’industria che va tutelato ed ha bisogno di tempi e struttura. E’ impensabile che non si rifletta su queste cose, e ci si scagli sempre sul curriculum del curatore. Nella Biennale di Sgarbi, a Febbraio, cioè 4 mesi prima dell’opening, molti artisti invitati non sapevano ancora la collocazione delle loro opere e non avevano avuto la conferma della partecipazione. E si sono autofinanziati, trasporti e montaggio. Vi ricordate Sgarbi quanto prese per quell’operazione?

    Quindi, per concludere, cosa mi irrita? Mi irrita il conflitto per qualsiasi cosa, che non aiuta un paese disilluso e disgregato, la mancanza di professionalità e il non avere idea di cosa significhi fare l’artista oggi. E questo non è rivolto al pubblico stupido, ma agli addetti ai lavori snob. Dobbiamo recuperare un atteggiamento Costruttivo, e non Distruttivo. Di scoperta , ricerca e promozione. Perché ci vuole un’università di Dundee per fare un lavoro di indagine sulla videoarte in Italia negli anni ’70? Perché a Venezia ci sono artisti che lavorano da sessant’anni e nemmeno i cosiddetti curatori locali li conoscono? Vi ricordate la performance di Marina Abramovic alla Biennale del 1997, Balkan Baroque? Topo mangia topo? Ecco, quelli siamo noi….e vogliamo continuare cosi? Come dice mio marito Inglese “keep your mouth shut, please, and do something” (stai in silenzio e fai qualcosa)….

  9. Perché in Italia dobbiamo sempre criticare prima di vedere quali sono i risultati? Lasciamo lavorare il curatore e poi diremo la nostra, il progetto che ha proposto : La Memoria, e i Giovani, mi sembra dia spazio ad un bell’arco di presenze senza finire nelle inutili enciclopediche utopie alla Gioni. Ormai siamo inflazionati da giovani curatori, comunque sarà sempre un individuo a proporre alcuni artisti con una visione per forza di cose personale e limitata alla sua conoscenza e speriamo non solo alle proprie amicizie.
    Comunque sarebbe ingenuo pensare che il sistema dell’Arte non faccia parte del potere, quindi le varie Biennali e mostre internazionali in genere , saranno sempre operazioni Politiche e non solo nel nostro Bel Paese.
    Comunque anche il settore curatori è stato fagocitato e bloccato in Italia , per anni da pochi nomi di critici forse 2? che si sono spartiti la torta e hanno definito, bontà loro , quali dovessero essere i pochi Artisti, rigorosamente maschi, che potevano rientrare in quelle correnti da loro ideate e ben piazzate sul tavolo internazionale dei movimenti accreditati d’Arte Contemporanea. Un business miliardario ! questi personaggi non erano certo accessibili o aperti a conoscere Artisti, tanto il loro numero chiuso era tutto ciò a cui erano interessati. Donne Artiste poi non se ne parlava neppure! Non politically correct fuori dal letto!
    Almeno questi giovani curatori odierni hanno una mail e un curriculum presso Musei o Università, magari modesto ma relativo all’età, il sistema purtroppo resta quello che era, i veri punti dolenti sono: i ritardi assurdi delle nomine ,che daranno agli ARTISTI INVITATI un tempo di 3 mesi al massimo per realizzare il progetto site specific, e l’assenza di un budget previsto dalla Biennale per tali Artisti. Quindi questi sottovalutati professionisti del contemporaneo, dovranno auto finanziarsi o reperire uno sponsor, specie ormai semi estinta, mentre tutte le altre Nazioni coprono le spese dei loro invitati. Siamo come sempre svantaggiati ma non meno capaci . Il pubblico , che non è vero che non ci sia, ed è certo più vasto e preparato di vent’anni fa , dovrebbe conoscere anche i retroscena di questo castello fragile e malato del mondo dell’Arte. Ma c’è sempre Flash Art a spiegarlo ….in modo imparziale!

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui