18 dicembre 2014

Salvare capra e cavoli

 
Il futuro del Teatro dell’Opera? Forse non è più in discussione. A partire dai tagli sul “personale”, sulla via del rientro

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Le sorprese non finiscono mai. E dopo i dolori, le lacrime e il sangue di Ignazio Marino e il benestare dell’Assessore Giovanna Marinelli sul futuro del teatro dell’Opera di Roma e sui previsti 182 licenziamenti, sembra tornare se non il sereno almeno un cielo variabile.
Perché il Sovrintendente Carlo Fuortes ha aperto una sorta di tavolo di dialogo e la dirigenza ha di nuovo incontrato 7 sindacati dei lavoratori. Orchestrali e coristi salvi? 
«Quello che sta succedendo adesso sta indicando un’evoluzione diversa dal licenziamento collettivo. C’è un atteggiamento totalmente diverso rispetto a quello cui avevo assistito per i primi 9 mesi. C’è una grande assunzione di responsabilità da parte dei sindacati. Anche se siamo ancora in una fase aperta, credo che si possa trovare una soluzione alternativa ai licenziamenti», ha dichiarato Fuortes.
Come poter “rientrare” dalla crisi? Oltre al potenziamento degli spettacoli estivi a Caracalla, l’incremento della biglietteria e l’eliminazione dell’indennità sinfonica (ovvero il pagamento raddoppiato per musicisti e cantanti che suonano messa da requiem, solo perché sono dell’Opera) e poi avere per le “masse artistiche” una sorta di stipendio fisso. «Il teatro ha già tagliato rispetto al 2013 circa 10 milioni di budget: 5 milioni e mezzo di costi del personale e 4,5 di costi complessivi tra beni e servizi. Per raggiungere il bilancio negli esercizi futuri era necessario un ulteriore sforzo», continua il Sovrintendente. Dal canto loro i sindacati hanno proposto di aumentare le recite e diminuire le prove. Chi la spunterà, ne siamo quasi certi, sarà la politica!

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