26 gennaio 2015

Proteste alla Tate

 

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Lo scorso settembre, alla Tate Modern di Londra nella sala delle Turbine, si è tenuta una performance consistente nel dispiegamento di un telo nero di 64 metri, mantenuto in sospensione per circa due ore. L’iniziativa, voluta dai membri del collettivo d’arte “Liberate Tate” fondato nel 2010, è una reinterpretazione del “Quadrato nero” di Malevic, ed è volta a denunciare la mancanza di trasparenza dell’amministrazione del Museo che impiega dei “segni neri” per censurare il finanziamento della compagnia petrolifera British Petroleum (BP).
Il collettivo difatti, attraverso un’azione legale iniziata già nel 2012, con l’appoggio dell’ambientalista Glen Terman, aveva richiesto alla Tate di pubblicare gli sponsor degli ultimi 23 anni e di rendere noti i dettagli della collaborazione con la BP. Secondo gli ambientalisti, infatti, tali finanziamenti sono proficui soltanto per le corporazioni petrolifere che, attraverso di essi, fanno il cosiddetto “greenwashing”. D’altro canto però è innegabile che il mondo dell’arte necessiti di ingenti fondi e che, finché derivanti da un’azienda che lavora nell’ambito della legalità, possono provenire indiscriminatamente o dallo Stato o dai privati. (Federica Pignata)

1 commento

  1. E’ anche vero che tanta arte usa etica e morale come bandiere e centro delle opere, che almeno ci sia coerenza fra chi promuove valori consapevole dei compromessi, così non è forse onestà culturale?

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