01 marzo 2015

Onore all’Italia. I tesori siriani riportati alla luce in trent’anni di ricerche sono in mostra nella città curda di Amouda

 

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Nel tempo dell’avanzata dell’Isis, dei soldati dell’arte, dei roghi di libri e della distruzione del museo di Mosul c’è una parte che non molla, e che mette in mostra nella città curda di Amouda qualcosa come trent’anni di scavi in terra siriana, ad opera degli studiosi italiani coordinati da Giorgio Buccellati e dalla moglie Marilyn Kelly-Buccellati.
Una serie di campagne di scavo, in tutto 17, avviate nel 1984, che hanno permesso di riportare alla luce nella località di Tell Mozan l’antichissima città-stato di Urkesh, fondata attorno al IV millennio a.C., centro tra i più importanti della civiltà hurrita.
E così nel centro a nord est del Paese, a pochissima distanza dal triplice confine che separa la Siria da Iraq e Turchia, minacciato dallo stato islamico, si mette in scena la cultura, mostrando quello che vive a pochi chilometri: le pendici della collina (tell in lingua locale) che conservano una cinta muraria esterna e una grande terrazza, probabilmente usata per riti pubblici, e quelli del palazzo reale attribuito al re Tupkish (vissuto attorno al 2250 a.C.), che sono tornate alla luce grazie ai Buccellati, artefici di aver sondato oltre 130 ettari. Una storia meravigliosa per una terra misteriosa e oggi in posizione non facile nella storia. Un patrimonio che deve essere ad ogni costo protetto, per evitare di vanificare non solo la ricerca, ma anche il futuro di un’area intera. 

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