02 marzo 2015

Riaprire per combattere

 
Dopo i fatti di Mosul in Iraq c'è aria nuova, o quasi. Dopo 12 anni e un terzo di pezzi saccheggiati, ieri ha riaperto il Museo Nazionale di Baghdad. Un passo che segna la voglia di tornare a vivere

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È un fatto storico, senza dubbio. E senza dubbio ha una valenza simbolica fondamentale, non solo per l’Iraq. Ieri, dopo dodici anni e qualcosa come 5mila pezzi saccheggiati su una raccolta di 15mila reperti, ha riaperto il Museo Nazionale di Baghdad. 
L’evento, hanno annunciato le fonti locali, è stato portato avanti più velocemente del previsto anche per dare una risposta alla distruzione dei manufatti di inestimabile valore per mano degli jihadisti al museo di Mosul, nel nord del Paese. 
«Ci siamo preparati a riaprire da un paio di mesi, anche se abbiamo accelerato i tempi: il museo deve essere aperto a tutti», ha detto Qais Hussein Rashid, vice ministro del turismo e antichità, puntando il dito contro i fatti di Mosul per mano di quelle che in loco vengono definite le “bande di Daesh”. Diversamente però da quanto successo a nord, dove i terroristi si sono messi a spaccare pezzi troppo ingombranti per essere rivenduti con lo scopo di finanziare il “Califfato”, nella Capitale era successo proprio questo: nel 2003 furono rubate qualcosa come 10mila opere, di cui 4mila e 300 sono stati recuperate, mentre si stanno ancora cercando le rimanenti nei mercati e nelle aste. 
Il primo ministro Haider al-Abadi, durante la cerimonia ufficiale, ha affermato: «Il messaggio lanciato da Baghdad, dalla terra di Mesopotamia, è chiaro: vogliamo preservare la civiltà e condannare coloro che la vogliono distruggere».
Un segnale di speranza, purtroppo inosservato su buona parte della stampa internazionale, mentre l’intelligence dell’Unesco assicura che i pezzi distrutti al museo di Mosul erano tutti schedati e che non si riusciranno – nel caso – a  contrabbandare. “Tutto il mondo è con noi”, è stato il claim delle Nazioni Unite in questa occasione. «Questo è un giorno felice – ha detto Rashid – Per la prima volta c’è un’intera generazione di iracheni che non sapeva che cosa fosse il museo nazionale e che ora può vederlo». Il prezzo di ingresso per i cittadini di Baghdad? Un dollaro, circa. La guerra non è mai finita, ma la speranza di una civiltà migliore anche con l’aiuto della cultura resta l’arma più potente. 

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