26 marzo 2015

“Codice Italia”: ecco svelato il Padiglione tricolore della “Memoria” alla Biennale di Venezia, che conferma le nostre previsioni

 

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Presentato dal curatore Vincenzo Trione con il Ministro Dario Franceschini, il Commissario del Padiglione Italia Federica Galloni e il Presidente della Biennale Paolo Baratta, poco fa al MiBACT, ecco da chi sarà composto il Padiglione italiano alla 56esima Esposizione Internazionale d’arte diretta da Okwui Enwezor.
Tre le parole chiave di “Codice Italia”: Codice Genetico, Stile e Memoria, il tutto per sedici artisti, di cui molti anticipati da Exibart nelle scorse settimane. Ecco la lista completa: Alis/Filliol, Andrea Aquilanti, Francesco Barocco, Vanessa Beecroft, Antonio Biasiucci, Giuseppe Caccavale, Paolo Gioli, Jannis Kounellis, Nino Longobardi, Marzia Migliora, Luca Monterastelli, Mimmo Paladino, Claudio Parmiggiani, Nicola Samorì e Aldo Tambellini. Qualcuno è un grande nome, qualcuno giovanissimo, qualcuno decisamente nell’ombra. Trione parla di scouting, anche nel caso di Gioli e Tambellini, come grandi artisti che sono stati lasciati ai margini. Ecco la comunanza con Walter Benjamin, musa anche della Biennale di Enwezor. 
Franceschini, un po’ impacciato, ha parlato di una «Straordinaria credibilità internazionale della Biennale», rivolgendosi al presidente Baratta. Grazie, ma lo sapevamo, ed è per questo che ogni volta ci stupiamo di come sia  tenuta alla fine dei programmi ministeriali italiani.
Il costo totale dell’impegno da parte dello stato è di 600mila euro: 400mila per l’allestimento e 200mila per la gestione più un contributo di 150mila euro, grazie ad Expo, mentre dagli sponsor sono arrivati 240mila euro. 
Quello che ha lasciato decisamente perplessi è invece il video di Mimmo Calopresti, inutile e a tratti imbarazzante, che dovrebbe raccontare il clima di lavoro che c’è dietro il Padiglione. Ci chiediamo se abbia intaccato – e di quanto – le già magre risorse allocate per la partecipazione del Belpaese in laguna. 
Trione poi, promette, racconterà il futuro del Padiglione anche nelle prossime settimane. E ci sarà anche un padiglione per cinque meritevoli giovani artisti delle Accademie di Belle Arti italiane a Marghera che faranno un workshop, e le cui opere finali saranno pubblicate su La Lettura del Corriere, pubblicazione che è tornata molto spesso nella conferenza di stamane. Si alza la bufera invece sull’ultima domanda: perché tutti gli altri Paesi hanno il coraggio di presentare un solo artista e noi facciamo sempre collettive? Trione risponde che si tratta di una metodologia, e di odiare le collettive. Ma se non si tratta di una collettiva, cos’altro è il suo Padiglione Italia? Quello che emerge è che il suo Padiglione, al di là delle scelte e della curatela, probabilmente avrà una forte solidità critica: il richiamo al passato e il confronto con il presente.Il dibattito è servito! E buona Biennale!

3 Commenti

  1. Tutto sommato si tratta di un padiglione come da aspettative. Si vedrà la mostra. Il problema è una certa immaturità del sistema italiano che chiama sempre collettive e mai un focus su uno-due artisti. Questo perchè non esiste un confronto critico vitale, capace di prendersi la responsabilità di una scelta. Perchè no un padiglione solo su Vanessa Beecroft o solo Alis/Filiol?

    Nella giovane arte continuano a imperversare i Giovani Indiana Jones. Come va di moda anche all’estero (vedi Dan Vo). Questo perchè la retorica passatista permette, appunto, di essere accettati e selezionati in un “paese per vecchi”. Ma questo è un problema generazionale che va ben oltre l’arte.

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