28 marzo 2015

Italia che crolla

 
Il Palazzo Italia di Expo non sarà finito per il primo maggio. La notizia che dà corpo alle peggiori premonizioni prende forma, ributtando il Paese al rango di uno staterello inaffidabile. E dalle mani bucate

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Siamo alle solite. Le solite figure, e il solito scandalo: il Paese ospite di Expo, ovvero l’Italia, non avrà finito in tempo il suo padiglione.
Giuseppe Sala l’aveva rimarcato anche qualche giorno fa nella conferenza di presentazione dello spazio di Intesa Sanpaolo, che sarebbe stato molto difficile finire in tempo e si sarebbe proceduto con i lavori anche a Expo iniziato. Certo, quando un personaggio al vertice afferma una cosa del genere c’è poco da stare tranquilli. Significa che la frittata l’abbiamo fatta, un’altra volta. Un po’ come per il padiglione italiano alla Biennale di Venezia, l’ultima preoccupazione dell’ultimo Ministero del Paese.
I tecnici fanno sapere che servirebbe un miracolo, ma anche di questa storia ne abbia piene le scatole. Nelle settimane precedenti avevamo scritto che sarebbe ora di finirlo con il ritornello del “Ce la faremo”. Perché poi, alla fine, non ce la si fa. Ad inaugurare la disfatta sarà invece proprio chi aveva affermato che, correndo, si sarebbe arrivati al traguardo, il Premier Renzi – lui sì, onnipresente – mentre sarà assente il Presidente della Repubblica. Forse avrà di meglio da fare che vedere la sconfitta, culturale ancora una volta, della nazione.
Da Expo, però, si promette che la realizzazione dell’edificio principale, con i turni di 24 ore su 24 (manco si stesse scavando un pozzo di petrolio per “sfamare” un intero continente), e i rinforzi di uomini, permetteranno di arrivare in tempo anche se poi, probabilmente, non saranno completati gli allestimenti. 
Su tutto, poi, visto che la società sviluppatrice è Italiana costruzioni, la stessa finita nella bufera dopo l’inchiesta sulle grandi opere della Procura di Firenze, lunedì arriverà una sorveglianza speciale all’appalto impostato da Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione. Colpo di grazia. 
E adesso smettiamola. Di piangerci addosso, di sentirci grandi perché “tanto siamo in Italia e ce la facciamo sempre”, e anche di prenderci per il fondoschiena. Ancora una volta avremmo tanto da imparare da questa esperienza, peccato che la nostra memoria sia proverbialmente breve, e l’avidità delle nostre tasche. (MB)

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