01 aprile 2015

La bufera? È solo all’inizio

 
Arrivare ad inaugurare in tempo il Palazzo Italia di Expo per il 1 maggio, di fronte al nuovo problema, è una questione quasi secondaria. Di che parliamo? Della cifra totale per la realizzazione della struttura. Che pare sarà molto salata. Per tutti

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Houston, abbiamo un problema! Ah no, siamo a Milano. E indovinate dov’è il problema? Nel Palazzo Italia di Expo. C’è chi fa gli spergiuri per finire entro il primo maggio, chi scuote il capo, chi pensa che l’Esposizione sia solo l’inizio di un lungo incubo per la città. Punti di vista, in base alla propria collocazione politica e non. Ma c’è una cosa, invece, imprescindibile con cui fare i conti nel vero senso della parola: i costi in lievitazione. 
Dire che il Padiglione Italia è nei guai è usare un eufemismo debole, perché quelle poche informazioni che passano (domani vi sarà il Consiglio di Amministrazione con il Commissario del Padiglione Diana Bracco, l’Amministratore Sala, il Ministro Martina etc e si vedrà) mettono in luce che sui 63 milioni di euro che si dovevano spendere per avere il padiglione fatto e finito e gestito per i sei mesi dell’Esposizione, bisognerà caricare di non si sa quanti altri costi aggiuntivi. 
Perché gli operai sono raddoppiati, perché si lavora su tre turni che nemmeno in miniera, e per fare il “camouflage” delle zone non finite, visto che non era preventivata l’ipotesi, o si?
Poi c’è Marco Balich, direttore artistico del Padiglione, il cui “Albero della Vita”, simbolo di questa situazione che rischia di diventare una tragica “barzelletta” che ci ricorderemo come una sonora sberla per i prossimi decenni (speriamo, almeno questo, serva di lezione) si dice speranzoso che «Le aziende non speculino ma si adoperino solo per l’orgoglio di rappresentare il Paese. Non possiamo sfigurare davanti al mondo». Ma ci siamo o ci facciamo? Davvero ora una ditta dovrebbe pure muoversi a compassione e fare non si sa quali sconti solo per l’orgoglio di essere italiani? Forse non è chiaro che questa strana postilla, che potrebbe sembrare patriottica, altro non è che la “Grande Madre”, giusto per restare in tema di esposizioni milanesi, di quello che è il lavoro gratuito, sottopagato o non pagato che in Italia si paga “con l’esperienza”. E la gloria. E una pacca sulla spalla.
«Ho gestito altri grandi eventi – ha dichiarato Balich al Corriere – e si lavora fino alla mattina dell’opening e poi tutto funziona». Lo sappiamo, e allora avanti così. Anche perché ormai non si può fare altro. Chi come noi, inoltre, ha visitato il sito  in questi giorni, avrà notato un po’ di affollamento. Sapete quanti operai lavorano al Padiglione Italia? 550. E sapete quanti saranno con gli allestitori? 800. Un formicaio sovrappopolato. 
Poi c’è il Presidente Roberto Maroni, che ha fatto il suo primo scaricabarile ufficiale: «Non è la Regione che fa il Padiglione, ma società Expo». A cui partecipa Regione Lombardia, ricordiamolo bene. «Siamo in apprensione, incrociamo le dita», ha ribattuto l’Onorevole varesotto della Padania. Qualcuno si farebbe il segno della croce, altri toccherebbero ferro, altri ancora più prosaicamente zone dove non batte il sole. Scegliete anche voi il vostro portafortuna preferito, tanto in Italia si fa così anche per le grandi opere. Arrivare in tempo al 1 maggio? Volesse il cielo! (MB)

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