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Tempi di Expo e quindi rapporti tra arte e cibo. Già gli uomini dell’era glaciale rappresentavano nelle pitture rupestri quello che mangiavano: bisonti, mammut e selvaggina di vario genere. Non ci andavano leggeri. Nel XVIIesimo secolo la natura morta è il soggetto praticato da molti artisti, e le opere di Juan Sánchez Cotán ne sono un riuscito esempio. Per l’arte contemporanea invece è d’obbligo citare il celebre Big Big Mac di Tom Friedman, esposto ora alla Triennale nella mostra “Arts & Foods”. Qui il potere persuasivo dell’opera aumenta, perché coinvolge più sensi, arrivando a stimolare in qualcuno perfino le papille gustative.
Ma cosa succede se un artista propone una visione del cibo non esattamente invitante? Michael Massaia ha realizzato una serie di fotografie raffiguranti gelati in punto di fusione. I colori accesi delle creme mischiati tra loro creano vortici di Astrattismo che con l’aggiunta di qualche dettaglio diventano abbastanza sorprendenti. Ma l’effetto finale provoca un certo disgusto per via di quel senso di decomposizione. Ma l’arte contemporanea non deve essere bella, giusto? (Giulia Testa)