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Da un lato c’è una delle gallerie più potenti e famose del mondo, Mary Boone; dall’altro uno dei più validi artisti degli ultimi decenni: Eric Fischl.
Lavorano – anzi, lavoravano – insieme da trent’anni, ma qualcosa nei rapporti si evolve, e così si è annunciata la separazione, dalle pagine di Interview, dove Fischl è stato autore di un pezzo sul mercato dell’arte.
Seguendo la scia di Richter e del tedesco Baselitz, anche Fischl ha riportato di non sentirsi più rappresentato da questa “bolla di isterismo”, dove gli artisti sono “grandi marchi” e i collezionisti personaggi in cerca di una “lista di celebrità”.
E così via, dopo anni e anni rappresentato da Mary Boone, l’artista non avrà più una galleria di riferimento.
Nessuna rivendicazione: nel pezzo-intervista Fischl parla del suo rapporto con la galleria e della capacità che ha avuto nel tempo di lavorare con artisti per cui l’arte era una “possibilità per cambiare la società”, con un idealismo che si è perso, e che all’età di Fischl e con la carriera e le sue possibilità economiche alle spalle si può tentare di recuperare. Togliendosi, per cominciare, qualche sassolino dalla scarpa.
Foto sopra: Eric Fischl, Daddy’s Girl, 1984
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