30 giugno 2015

Un sestante per immagini: a Modena è in scena il Summer Show di Fondazione Fotografia. Ce ne parlano Alice Bergomi e Filippo Maggia

 

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Avete tempo ancora una manciata di giorni (fino al 5 luglio) per scoprire “Sestante”, ovvero l’annuale mostra di fine corso del Master di Fondazione Fotografia di Modena. In scena gli esiti delle indagini sviluppate durante il programma da Wissam Andraos (1990, Haret Al Naameh, Libano, lavoro acquisito per la collezione permanente – foto sopra), Daniele Casciari (1978, Perugia), Valentina Leonelli (1985, Lanciano, CH, nella foto di home page l’installazione Oltreuomo), Irene Pinardi (entrata anch’essa in collezione, nata nel 1988, Ponte dell’Olio, PC), Giulia Solia (1990, Torino), Jacopo Tomassini (1979, Roma), studenti del biennio 2013/2015 e gli allievi del primo anno: Simone Bulgarelli (1991, Carpi, MO), Orlando Callegaro (1974, Dolo, VE), Elena Canevazzi (1991, Carpi, MO), Francesco Cardarelli (1981, Offida, AP), Francesca Ferrari (1961, Modena), Giulia Fini (1995, Modena), Alessio Gianardi (1983, La Spezia), Andrea Luporini (1984, La Spezia), Simone Pellegrini (1993, Modena), Sara Savorelli (1991, Rimini), Livia Sperandio (1991, Foligno).
Ma la Fondazione Fotografia non è solo mostre, ma un organo complesso di organizzazione e cultura, che permette ai giovani di crescere (e di fare cultura del contemporaneo a Modena) tramite molteplici tasselli, idee e anche sovvenzioni. Ne abbiamo parlato con il direttore, Filippo Maggia, e Alice Bergomi, coordinatrice del master. 
Siamo quasi al termine della quarta edizione del “Summer Show” della Fondazione, che presenta i risultati degli studenti del master. Una formula consolidata ormai, che si replicherà anche in futuro? Quali sono le impressioni di questo “Sestante”?
Alice Bergomi: «Anche quest’anno l’appuntamento estivo dedicato alle ricerche degli studenti del master si è confermato come un momento molto importante per noi, per gli studenti al primo anno, che espongono le ricerche ancora in corso, ma soprattutto per gli studenti che terminano il biennio di master: da un lato la conclusione del percorso di studio, dall’altro l’inizio del percorso individuale nel mondo dell’arte. Questo emerge in modo molto significativo dal titolo che, come da tradizione, gli studenti che concludono il master hanno scelto per la sezione a loro dedicata. Il sestante è uno strumento antico a cui naviganti ed esploratori si sono affidati per secoli e che permette, grazie a un doppio gioco di riflessi tra l’orizzonte e le stelle, di individuare la giusta rotta. Una sorta di augurio per il futuro, per individuare il proprio cammino nella costruzione spesso travagliata della propria carriera artistica, senza dimenticare i propri obiettivi e i propri sogni. Guardando indietro e confrontando queste ultime edizioni di The Summer Show, soprattutto rispetto alla prima edizione, emerge chiaramente la tendenza ad andare oltre la fotografia per combinare diversi linguaggi che partono dall’immagine, dal video all’installazione, dal ready made ad azioni performative. È una tendenza assolutamente in linea con le istanze della fotografia e dell’arte contemporanea a livello internazionale. Ne abbiamo avuto la conferma di recente, come scuola siamo entrati in un network con alcune delle più importanti accademie e scuole di fotografia in Europa – tra cui il Royal College of Art di Londra e la Rietveld Academie di Amsterdam per citarne qualcuna. Oltre a un riconoscimento importante del nostro lavoro è stata un’occasione di incontro e confronto molto interessante, tanto che dal prossimo anno The Summer Show prevederà anche una sezione dedicata a una selezione dei migliori lavori degli studenti di queste scuole: un modo per riflettere non solo sulle tendenze della giovane fotografia italiana ma per allargare all’ambito europeo la riflessione e permettere ai nostri studenti di confrontarsi con i loro coetanei in Europa».
La Fondazione è in crescita costante, e lo abbiamo notato con le indicazioni del comitato scientifico (le nuove acquisizioni rivolte a Paesi finora non compresi nelle raccolte, le “missioni” dei fotografi italiani) e il nuovo corso High Profile e la partnership con Unicredit. Qual è il segreto di questo successo in un periodo piuttosto disastrato, specialmente a livello economico? Di che investimenti si parla?
Filippo Maggia: «Fondazione Fotografia riceve un contributo annuale di 800mila euro da Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, a copertura dei costi delle mostre, del personale, dei costi di gestione e utenze degli spazi, delle spese relative alla formazione: docenti, visiting professor, tutor, workshop, residenze, progetti speciali, trasferte formative. Il budget non è sufficiente e pertanto viene integrato da 400mila euro di ricavi provenienti dalle rette dei corsi, dai partecipanti ai workshop, dalla biglietteria mostre e dal bookshop, da sponsorizzazioni e noleggi mostre, da attività per conto terzi (catalogazione e restauro). Un impegno a tutto campo, volto a raggiungere il traguardo dell’autosostenibilità integrata, grazie anche alla fiducia e collaborazione con partner importanti come Unicredit e Sky Arte, sotto la vigilanza di un attento consiglio di amministrazione e di un board scientifico internazionale. Negli ultimi anni il budget destinato alle acquisizioni è diminuito: diverse opere sono entrate in collezione grazie alla collaborazione degli artisti che hanno esposto con noi – per esempio Mimmo Jodice, Daido Moriyama, Axel Hutte, Hiroshi Sugimoto – attraverso la cessione di opere contro i costi di produzione della mostra, permettendo in questo modo una felice ottimizzazione dei costi e un contestuale arricchimento del patrimonio».
La fotografia in Italia riscuote sempre più successo, tra festival, concorsi e mostre: in che cosa la Fondazione si distingue?
Filippo Maggia: «In un approccio combinato, che comprende molteplici applicazioni del mezzo fotografico: dall’organizzazione di mostre alla formazione, dalla conservazione e restauro alla catalogazione, dalla gestione di importanti collezioni e fondi storici alla sperimentazione di nuovi strumenti di comunicazione, come il tutorial televisivo Foto Factory Modena, alla collaborazione con artisti in occasione di progetti speciali.  Inoltre,  in un respiro delle iniziative decisamente internazionale, che tuttavia non prescinde da un legame forte con il territorio in cui siamo nati, Modena, città fotografica per vocazione, e con le sue istituzioni». 

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