01 agosto 2015

“Los Otros” si incontrano a Brera. Elizabeth Aro porta in scene geografie del mondo e del cuore, partendo da sud

 

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Nata in Argentina, vissuta a Madrid, e ora decisa a restare in Italia. Anche la storia personale di Elizabeth Aro, da oggi e fino al prossimo 31 agosto alla Ex Chiesa di San Carpoforo di Milano con la mostra Los Otros, a cura di Francesca Pasini, appartiene a quella degli “altri”, dei passaggi, dello spostamento.
Ma gli altri chi? Gli altri “immigrati” che oggi sembrano spaventare l’Europa; gli altri delle culture che non conosciamo, e di quelle che nemmeno riusciamo a immaginare. Gli altri sono la “moltitudine che ci attraversa” di Elias Canetti, e l’ “io è un altro” del vecchissimo Rimbaud.
Sono concetti sempre vivi che nel lavoro scuro, caravaggesco, di Aro, trovano una nuova forma narrativa, forse più pittorica che fotografia. L’artista, in questo caso, porta in scena una serie di ritratti di amici danzatori, Los Otros appunto, provenienti da diverse aree del mondo che, attraverso un loro monologo – colto nel punto più alto della scena – cercano di raccontarci di loro, di uscire dal nero profondissimo del fondo, colore-simbolo di una zona profonda di mancata conoscenza dell’identità, della paura dell’altrove, del contemporaneo macchiato di xenofobia.
Ma con “Los Otros” bisogna fare i conti, anche a livello scientifico. Nello spazio dell’abside, per esempio, troverete uno splendido mappamondo, Mundo, di feltro bianco, cucito dall’artista stessa. C’è qualcosa che però non funziona: è un mappamondo dove i continenti si sono spostati verso il basso, in una nuova deriva già iniziata e provata scientificamente. Come in una planetaria e colossale forza di gravità, le terre emerse sono attirate verso sud, verso nuove latitudini e verso un altro polo: potrebbe essere un collasso, o potrebbe essere il modo di guardare differentemente al mondo, con la parola “Sud” a evocare meno timori.
Infine, potrete scoprire la diversità anche in Estudio de nubes, splendidi disegni in grafite su carta (in questo caso proiettati) che, come racconta l’artista, «Sono ispirate a un brano di Jorge Louis Borges, e raccontano dei sentimenti: anche se sono variabili e in un momento impercettibile cambiano forma, tutto quello che hanno rappresentato resta dentro di noi, tramiti anche per il nostro futuro». 
Un’altra mostra per scoprire che Milano non dorme l’estate, e che stavolta vi permette un avvicinamento. Tramite un profilo geografico, anche, e particolarmente poetico. Come spesso è l’immagine di tutti i “Los Otros” del mondo.
Tutte le foto: Roberto Marossi

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