18 novembre 2015

La cultura domestica di Maria e Alicia

 
È una contraddizione o si può parlare di cultura a proposito della propria casa? Si può, una mostra a Roma lo racconta. Tra oggetti, nonne, folklore familiare. E un ballo liberatorio

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Due sedie, due telefoni grigi con la cornetta (di quelli che si usavano fino a trent’anni fa), due paia di décolleté nere e un grande tappeto, che per l’esattezza è un’incisione che riproduce con estrema perizia il pavimento di un’abitazione degli anni Trenta della borghesia spagnola. Il tutto collocato al centro della sala del Museo Carlo Bilotti dedicata a Giorgio de Chirico che, con la project room, ospita la mostra “Cultura Domestica” (fino al 29 novembre), realizzata con il contributo dell’Ambasciata di Spagna e il patrocinio dell’Istituto Cervantes, avvalendosi della curatela di Antonia Arconti in collaborazione con Beatrice Bertini, Adriana Rispoli, Alessandra Sannella, Daniela Trincia, Paola Ugolini e Sabrina Vedovotto, autrici di testi concepiti come attraversamenti nei vissuti personali di donne divise tra lavoro e vita privata, raccolti nel libro-scatola.
Oggetti che proprio in virtù dell’assenza di Las Mitocondria (María Ángeles Vila e Alicia Herrero) assumono quasi la valenza di oggetti metafisici.
Anche la dimensione del tempo, sospesa tra un passato intuibile e un presente oggettivo, contribuisce a tracciare una forte linea di ambiguità. 
Las Mitocondria (María Ángeles Vila e Alicia Herrero), Cultura domestica
La “Cultura Domestica” in cui ci proiettano le due artiste spagnole è certamente un luogo di rimandi, assai familiare ad entrambe. Intanto, perché María Ángeles e Alicia sono quasi coetanee – nate e cresciute a Valencia (dove Alicia è tornata a vivere stabilmente dopo alcuni anni trascorsi in Inghilterra, dove si è diplomata in Teatro e Danza presso il London Studio Centre e laureata all`Università di Middlessex, mentre María Ángeles vive a Roma) – soprattutto, poi, perché da quando nel 2008-2009 hanno deciso di collaborare (il loro debutto artistico è stato con il progetto Midriasis/Cajas Habitadas sul tema della memoria e delle emozioni) hanno vissuto per due volte l’esperienza della maternità. 
«Stiamo lavorando un po’ come artiste e un po’ come mamme», affermano all’unisono. «Ci vediamo poco, anche se comunichiamo quotidianamente via skype, email, WhatsApp. Ma quando stiamo insieme c’è una fortissima energia creativa».
Negli ambienti al primo piano dell’ex Aranciera di Villa Borghese, dove si sviluppa la mostra, l’incontro tra le protagoniste viene definito da linguaggi differenti: disegno, fotografia, video, danza, performance. 
Las Mitocondria (María Ángeles Vila e Alicia Herrero), Cultura domestica
Anche a distanza riescono a ricreare ambienti e abitudini domestiche attingendo un po’ alla realtà e un po’ alla fantasia, lasciando però sempre spazio per l’imprevisto che – come l’errore – è parte del processo. Di questo ne è particolarmente convinta María Ángeles Vila, autrice della serie di incisioni che rappresentano tanti frammenti (il telefono, la teiera, l’orsacchiotto, la borsetta…) della quotidianità evocata: ovali che nell’insieme riescono a restituire un’immagine unitaria, quasi polifonica, nonché del grande tappeto. Accompagna l’installazione il video Cultura Domestica (2013) – che dà il titolo alla mostra – girato in un angolo della casa di famiglia di Alice Herrero a Enguera, nella comunità autonoma valenciana.
«Siamo incastrate nelle generazioni», affermano. Nel video, infatti, la pièce domestica che mettono in scena, giocata sulla spontaneità, include nonne, mamme, figli. Vite reali, quindi, in cui entrambe le artiste introducono elementi di un “folklore familiare” condiviso, e che vede protagoniste, oltre a loro stesse, nonna Lola (la nonna di Alicia) e mamma Rafaela (la mamma di María Ángeles) circondate dai loro figli, nipoti di prima e seconda generazione. 
Inizialmente queste donne prendono il tè, si sventolano con il ventaglio e fanno la maglia, poi si alzano e cominciano a ballare. Un ballo liberatorio che dal passato – sottolineato dall’atmosfera retrò – conduce alla contemporaneità. Così come avviene nella performance delle due artiste, ripetuta più volte il giorno dell’inaugurazione e documentata dal video.
Tante donne e un’unica presenza maschile, quella di Marcelo il figlio di Alicia che con la sua vocina di bambino recita una fiaba dando il ritmo all’azione performativa. L’innocenza dell’infanzia, forse un modo per accettare il maschile nell’intimità domestica.
Manuela De Leonardis

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