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Sono stati annunciati questo week end nella bella cornice di Villa Brandolini a Pieve di Soligo, in provincia di Treviso, i giovani vincitori della quarta edizione, a cura di Carlo Sala, del Premio Francesco Fabbri.
Due sezioni, una dedicata all’arte emergente under 35 e l’altra alla fotografia, che hanno premiato rispettivamente i lavoro di Emilio Vavarella e di Davide Tranchina.
Memoryscapes (2013-2015, nella foto sopra), è una “ricognizione” da New York (città dove Vavarella vive) delle altezze e delle distanze di Venezia, raccolte tra le voci di persone residenti in America ma legati a vario titolo alla città della laguna: un archivio di reminescenze, focalizzato con tracce audio, stampe su carta, un libro d’artista, che restituiscono una narrazione sospesa tra l’infallibilità della descrizione operata dalla nuove tecnologie e l’immaginario soggettivo, ed empirico.
Davide Tranchina vince invece con il dittico Dentro la caverna – Orizzonti (2011-2015), che porta lo spettatore al cospetto delle prime arcaiche forme di rappresentazione delle caverne, in un paesaggio non determinato e non tangibile, ma che è praticamente spirito.
Per i vincitori 5mila euro di Premio, e i loro lavori sono entrati a far parte della collezione della Fondazione Francesco Fabbri Onlus.
Ma ci sono anche le menzioni speciali: in “Arte emergente” lodi anche per il lavoro di Roberto Fassone, per le evocazioni di Gianluca Marinelli e per Rachele Maistrello per la fotografia Senza Titolo #2, che nega realtà e protagonisti attraverso una semplice azione (foto in home page).
Menzionati invece in “Fotografia Contemporanea” ci sono Martina Della Valle per l’opera The post-it book (2014), dedicato alla censura e alla modificazione percettiva delle immagini; Giorgio Di Noto per The Iceberg – 7g Shatter BHO (2014), mentre il Premio Acquisto Rotary Club di Asolo e Pedemontana del Grappa, è andato al lavoro di Christian Manuel Zanon, una composizione oggettuale che porta il titolo di Discrasia diurna: un americano, un italiano e un canton tedesco (2014). L’artista parte da un’immagine dal sapore turistico, dunque stereotipata e familiare, per alterarne progressivamente i tasselli dei puzzles che la compongono e aprire così una falla percettiva in cui l’aspetto rassicurante viene meno e con ironia si arriva ad una forma di spaesamento.
Fino al 20 dicembre continua invece la mostra dei finalisti.