08 febbraio 2016

Il silenzio sullo Yemen

 
Non fa notizia come Palmyra, non è la Nigeria di Boko Haram, e nemmeno il Nord Africa sotto gli attacchi dello Stato Islamico. Lo Yemen, abbandonato dai media, vive però il dramma della distruzione della sua cultura

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Attacchi aerei da coalizioni con Arabia Saudita, colpi a terra messi in atto da fondamentalisti legati ad Al Qaeda e Isis, e un patrimonio affossato. Siamo nello Yemen, dove pochi giorni fa si è bombardato anche il Museo Nazionale nella città di Taiz, episodio passato quasi sotto silenzio dei media internazionali e ultimo atto di un’offensiva che provocato distruzione e danni in oltre 47 siti nel Paese, tra cui i siti Unesco di Sanaa, Zadib (la capitale dello Yemen dal 13esimo al 15esimo secolo) e Shibam (soprannominata “Manhattan del deserto” per le sue torri, costruita nel 16esimo secolo). 
Perché nessuno ne parla? Secondo quanto viene riportato anche da The Art Newspaper, perché il Patrimonio yemenita non ricorda l’antichità classica, come fa Palmyra, e perché lo stato – da marzo 2015 – è sulla traiettoria dell’offensiva tra la coalizione Occidentale dell’Arabia Saudita contro i militanti iraniani.  
Strategia? O semplicemente “distrazioni” di guerra? L’Arabia Saudita, secondo alcuni esperti, attaccherebbe volontariamente il patrimonio yemenita. L’archeologo Lamya Khalidi ha fatto l’esempio dell’antica diga di Marib, gravemente danneggiata lo scorso maggio: si tratta di una costruzione situato in una zona desertica, senza alcun interesse strategico, e dove nessuno poteva nascondersi. Pare anche che l’Arabia Saudita possedesse le coordinate del sito, che dunque non può essere stato colpito per sbaglio. Un po’ come il museo Regionale Dhamar, polverizzato negli stessi giorni, e di cui sono stati rinvenuti – per fortuna – circa 700 oggetti. L’attacco, in questo caso, era stato giustificato dal fatto che avrebbero potuto esserci armi nascoste nell’edificio. Un edificio che, all’epoca, era sorvegliato 24 ore su 24. Casualità. (MB)

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