30 maggio 2016

L’esodo senza fine

 
700 morti in tre naufragi nel Mediterraneo, tra stupri, violenze e chi afferma che solo il 10 per cento deve essere aiutato. Storie che non sono la nostra, ma che stanno segnando un'epoca di nuovi invisibili

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Sono tanti, arrivano in massa, ma non li vediamo. La loro morte ci appartiene ben poco: è in mare, è a sud, è a est. Non vediamo – se non attraverso qualche immagine continuamente reiterata – la loro sofferenza, ma anche questa ormai sembra una condizione quasi naturale per chi sceglie di attraversare il mare.
Le cifre, in queste ultime ore, hanno parlato di qualcosa come 700 vittime del mare in tre naufragi diversi nel Mediterraneo, quel mare che un tempo sembrava unire le culture e che oggi fa invece da Stige, da argine spartiacque tra il “bene” e il “male”. Che cosa sia l’uno e cosa sia l’altro non lo sappiamo o, tutt’al più, si decide in base alla prospettiva in cui si vogliono vedere le cose. 
Poi ci sono anche gli orrori quotidiani, quelli che sembrano – a loro modo – far parte del corollario: c’è la minorenne stuprata e ora incinta e sotto choch; ci sono quasi 50 bambini tra i deceduti; ci sono casi di migranti arrivati in Libia per lavorare e rinchiusi in prigioni, sfruttati e al momento del salario pestati e sprangati; ci sono i “viaggi” limite, che non hanno nulla di diverso da quelli dei deportati verso i campi di concentramento stipati sui treni merci: all’epoca si andava a morire, oggi non cambia granché con gli stessi clandestini che non si fanno scrupoli a lasciar affondare o morire i propri compagni di viaggio.
Insomma, «Questi bambini, queste donne e questi uomini, fuggono da guerre, carestie, oppressione. Cercano, semplicemente, una vita migliore, come farebbe chiunque di noi nelle stesse condizioni», ha dichiarato anche il presidente Sergio Mattarella, commentando i dati diffusi da Emergency, e ancora una volta schierandosi contro l’erezione di muri, barriere e fili spinati che vanno semplicemente contro quello che si è cercato di fare negli ultimi 70 anni (ovvero dopo la fine della Seconda Guerra): unire l’Europa.
Ma qui siamo nel limbo, e a dire la sua non ci ha pensato due volte il leader della Lega Matteo Salvini: «I profughi veri, che vanno aiutati e salvati, sono non più del 10 per cento di quelli che arrivano in Italia, agli altri bisogna impedire di partire dall’Africa», spiega a SkyTG 24. E aggiunge: «Vorrei solo che i popoli potessero crearsi un futuro in casa loro. Questa è un’immigrazione organizzata, un tentativo di genocidio, ci stanno facendo una marea di soldi, sono i primi violenti, i primi razzisti». E che dunque, se devono morire, lo facciano a casa loro. Perseguitati o di fame. Ma non su qualche carretta in mezzo ad un mare che è di tutti, ma a noi fa sentire un po’ più in colpa. Giusto? (MB)

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