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Certo non è stato un attacco dell’Isis, ma di un personaggio in preda ai fumi dell’alcool, che però la dice lunga sul serpeggiare di una sorta di xenofobia in un Paese che i più stanno dando già per “disperso”, nonostante le prospettive economiche – per esempio – siano ben lungi dal venire meno.
Parliamo dell’attacco di Mikaela Haze, che sarà condannato la prossima settimana per i danni causati alla scultura-burqa (valore 6mila sterline) dell’artista giordana Yazmeen Sabri, al Royal College of Art di Londra, opera installata in occasione della mostra di fine master.
Un gesto che ha a che fare con l’odio religioso, secondo Westminster, anche se a guardare bene i fatti c’è di mezzo l’odio e basta.
Haze si sarebbe avventato sul velo, sostenuto da un supporto in metallo, gridando che si è appena votato per riportare il Paese com’era una volta, e che l’Arabia Saudita deve andare a casa.
Sabri, che da sei anni vive a Londra, commentando l’accaduto ha risposto che la gente sta prendendo la Brexit come scusa per essere scortese con gli altri e ha anche aggiunto che sì, l’unico modo per andare avanti è essere indulgenti nei confronti di queste scenate. Perdonare insomma, perché altrimenti altro non si farà che fomentare l’odio verso gli stranieri. Haze, difendensosi, ha invece dichiarato semplicemente che l’attacco non era rivolto alla persona dell’artista. Ma poco ci manca, insomma. E un altro passetto indietro è fatto.
Nelle foto: Yazmeen Sabri, Walk a Mile in Her Veil (2016). Courtesy of the artist