22 settembre 2016

Ai Weiwei “Libero” da protagonista a Firenze. Ecco un primo sguardo a Palazzo Strozzi, con il “Reframe” dell’artista “dissidente”

 

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Si apre in questi giorni la prima retrospettiva italiana di Ai Weiwei. Palazzo Strozzi accoglie una serie di opere del noto artista cinese dissidente divenuto icona della libertà d’espressione: installazioni monumentali ma anche sculture e piccoli oggetti, video e serie fotografiche, tutte quante spettacolari e provocatorie. La provocazione è, infatti, la cifra che contraddistingue la produzione dell’artista attento ai fatti che la situazione internazionale socio-politica presenta e in particolare alle vicende dei profughi e alla limitazione della possibilità di esprimersi. 
Ai Weiwei è divenuto ormai un’icona a livello globale in particolare dopo che il governo cinese lo ha imprigionato e ha limitato la sua libertà di movimento e di espressione oscurando anche il suo blog che era giunto a oltre 17 milioni di visite.
Già prima che l’artista mettesse piede in terra toscana per presenziare all’inaugurazione della sua mostra, le polemiche in città si sono sprecate. Fulcro del contendere è, oggi, l’opera Reframe che Ai Weiwei ha appositamente pensato per l’esterno di Palazzo Strozzi: un’installazione data da ventidue gommoni rossi ancorati sulle bifore quattrocentesche del piano nobile delle due facciate dell’edificio rinascimentale. Un progetto che porta l’attenzione sulle problematiche dei profughi che quotidianamente giungono sulle coste italiane e dei tanti che purtroppo non ce la fanno ad arrivare. I canotti sono forse ancora più eloquenti delle immagini dei TG che passano sui nostri teleschermi. Due anni fa quando fu proposta la mostra di Ai Weiwei a Firenze cominciarono però a sollevarsi dubbi e interrogativi su come le opere dell’artista, crude e provocatorie, si fossero potute integrare con il “contenitore” che le avrebbe dovute accogliere. Il risultato ha portato a un dialogo tra antico e contemporaneo, un dialogo costante che ritrova nell’antica civiltà di cui Firenze è la culla, il punto di partenza di quel rapporto fisico, affettuoso e perfino violento che l’artista ricerca rielaborando le tradizioni del suo paese in particolar modo recuperando, l’impiego dei materiali e alcuni saper fare artigianali. 
Se le sale di Palazzo Strozzi parlano a un pubblico di visitatori, Reframe parla a tutti, si rivolge all’esterno suggerendo e personali riflessioni. (Enrica Ravenni)

1 commento

  1. Effettivamente questo uso dei problemi sociali nell’arte in questo modo così arbitrario e senza reali risvolti svuota molto dell’idea di impegno e diventa sempre più un facile richiamo mediatico che non produce reale valore

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