25 ottobre 2016

L’immigrazione è bella

 

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Molti musei e curatori occidentali stanno dedicando la loro attenzione al tema delle migrazioni, spesso proponendo mostre che ne sottolineano gli effetti positivi senza chiarirne le criticità. La “musealizzazione della migrazione”, come è stata definita da un accademico, è un passo importante per la società, ma non è di certo una nuova notizia, come dimostrano il Migration Museum (Adelaide, Australia, 1986), l’Ellis Island National Museum of immigration (New York, Stati Uniti, 1990), l’Immigration Museum (Melbourne, Australia, 1998) o il Museum of the History of Immigration (Barcellona, Spagna, 2004).
Con l’aumento delle migrazioni, tra crisi economiche e nuovi conflitti, molte città europee hanno aperto istituzioni nazionali di questo tipo, per documentare e spiegare la storia del fenomeno nel loro paese. In un momento in cui le frontiere sono diventate un tema di profonda divisione, fisica e ideologica, il loro compito è diventato più importante che mai. Il problema è che questi musei non fanno altro che raccontare l’impatto positivo che ha avuto l’immigrazione sui rispettivi stati, in un goffo tentativo di convincere il pubblico che si tratta di una buona cosa. 
Le istituzioni promuovono l’identità delle nazioni ospitanti, che vengono quasi sempre ritratte come multiculturali e tolleranti, e nel contempo idealizzano e semplificano l’esperienza della migrazione dietro a slogan come: “Siamo tutti migranti”, “Tutte le famiglie hanno nel passato una storia di migrazione”, e via dicendo. Ma veicolare messaggi come questi significa trascurare che di fatto non è così, sottovalutando le storie personali di chi subisce il trauma dell’emigrazione. I musei raccontano una storia rassicurante, senza considerare una realtà più complessa e non toccando temi come le ragioni e i pericoli del viaggio, i problemi di integrazione tra culture, i sentimenti dei migranti o le ostilità degli ospitanti. Il risultato è semplicistico e incompleto e difficilmente convincerà le persone scettiche nei confronti dell’immigrazione a cambiare idea. (Giulia Testa)

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