26 ottobre 2016

Irriverente, sarcastico William N. Copley!

 
Fondazione Prada ospita un vasta retrospettiva dedicata al poeta, scrittore e artista visivo. Che, tra folk e kitsch, cinismo e ironia ha sfidato l'ipocrisia della società americana

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Centocinquanta opere, tra disegni e collage provenienti da musei e collezioni internazionali selezionati da Germano Celant, raccontano per immagini l’eclettico mondo di William N. Copley (1919-1996), autodidatta, editore, giornalista, collezionista, gallerista, poeta e scrittore prima che artista di arti visive. La mostra, di scena fino al 20 gennaio nei due livelli del Podium della Fondazione Prada, costituisce la più importante retrospettiva organizzata in collaborazione con la Menil Collection (Houston) dedicata all’autore americano in Italia ancora poco conosciuto. Copley mecenate dell’arte, animatore della mondanità newyorkese con feste sfrenate e riconosciuto Don Giovanni (ha collezionate cinque mogli), è un personaggio dalla vita avventurosa, orfano di madre e di padre, adottato da una ricca famiglia di editori di Los Angeles, repubblicana e conservatrice fino al midollo. Cresce nell’ambigua condizione di appartenenza e estraneità a un mondo privilegiato, quello di C. Copley, magnate dell’informazione in California di cui eredita il patrimonio. Dopo studi discontinui, l’irrequieto autore americano comincia la sua carriera come poeta e giornalista, in guerra è corrispondente del fronte, ed è un progressista impegnato. 
William N. Copley Immagine della mostra, Fondazione Prada, Milano Credits: Foto Roberto Marossi Courtesy Fondazione Prada
Dal 1946 approda alla pittura entrando in contatto con artisti come Marcel Duchamp, Renè Magritte, Jean Tinguely, Man Ray, Roberto Matta e Max Ernst, di cui sono esposti al primo piano del Podium per la prima volta in Italia, un nucleo di capolavori mozzafiato che facevano parte della collezione di Copley venduta nel 1978 in asta, ora conservati alla Menil Collection. Da non perdere in questa sezione storica che ricostruisce il percorso biografico e intellettuale di Copley, i suoi primi esperimenti di scrittore ed editore e una raccolta in parte inedita di pubblicazioni, fotografie, cataloghi e materiali d’archivio che svelano la sua formazione eclettica e l’attrazione fatale per il movimento Surrealista, diventando tra i maggiori collezionisti e gallerista ( dal 1948 al 1950) di quest’arte in bilico tra eros, libido, sogno e libertà espressiva. 
Incoraggiato da Ernst e Duchamp, dal 1951, l’artista si dedica unicamente alla pittura e tiene la sua prima personale a Los Angeles dal titolo “CPLY” (pseudonimo che utilizzò per tutta la sua carriera), e si trasferisce a Parigi, dove frequenta gli amici artisti surrealisti e milieu culturali parigini tra caffè, mostre e salotti. Del Dadaismo eredita l’ironia, la provocazione, il gioco e la tecnica del collage, invece del Surrealismo, lo affascinano le tematiche freudiane intorno alla sessualità, la psicologia, l’inconscio e una figurazione realista della dimensione del sogno di forte impatto comunicativo. Copley prende in prestito dagli artisti surrealisti europei, di cui fu promotore  sulla West Coast, la componente dell’eros e l’assurdità dell’esistenza, ispirazioni risolte in chiave più umoristica e meno intellettualistica, con un linguaggio figurativo e figure coloratissime dal tratto quasi naif, da cui si evince la sua passione per i cartoon e la cultura folk americana. Le sue tematiche ricorrenti nella sua vasta produzione sono: pornografia, erotismo, patriottismo e critica sagace contro le convenzioni e il perbenismo ipocrita della società conservatrice americana. 
William N. Copley Immagine della mostra, Fondazione Prada, Milano Credits: Foto Roberto Marossi Courtesy Fondazione Prada
Nel 1952 Copley è a Milano nella Galleria di Carlo Cardazzo (suo esordio in Europa) e stupisce per i temi sfrontati che coniugano erotismo e politica, filtrati dagli arabeschi di Matisse, dal tratto naive incerto che migliorerà negli anni Sessanta, quando subentrano nel suo linguaggio le suggestioni pop e cartoonist. 
Al piano terra del Podium si accede da una struttura costituita da 8 ambienti, ognuno dedicato a un soggetto o un aspetto specifico della produzione di Copley. La prima sezione raccoglie le bandiere in tessuto e dipinti dal 1961 al 1975, un corpus di opere che ruotano intorno al tema dell’appartenenza geografica e culturale, oggi più che mai attuale. Incuriosiscono Cold War (1962) e 1776 and All That (1976), le figure femminili risolte in arabeschi matissiani, e alcune rappresentazioni di oggetti comuni sovrapposti ai motivi e colori tipici delle bandiere inglese, giapponese, spagnola e russa. Sono vessilli inventati e spiazzanti: Imaginary Flag for Ussr (1972) e Imaginary Flag for Great Britan (1972), che attraverso un procedimento tipico del collage surrealista, declinano in modo scanzonato temi impegnati come la guerra fredda, le ideologie politiche e le identità nazionali. In un altro ambiente si trovano opere che declinano il tema ricorrente nella produzione dell’artista, della “prostituta ignota”, in contrapposizione dissacrante e ironica al monumento al milite ignoto. In questa sezione sono esposte opere di grandi dimensioni realizzate tra 1965 e il 1986 e collegate all’installazione Tomb of the Unknown Whore presentata nel 1986 al Columbus Circle, New York. Le opere inneggianti alla libertà sessuale sono un omaggio alla prostituta, secondo l’artista americano una categoria sociale vittima di ingiustizie e pregiudizi.
William N. Copley Immagine della mostra, Fondazione Prada, Milano Credits: Foto Roberto Marossi Courtesy Fondazione Prada
Convince l’ambiente con una serie di paraventi (del 1958-1982), accostati a trittici (1951-1995), che documentano una abilità compositiva e cromatica, incentrati sulle combinazioni tra figure umane e soggetti quotidiani. In una sorta di quadreria si trova la serie di X-rated, in cui sono elaborate immagini pornografiche prelevate da riviste per adulti. La serie Nouns è situata al centro di un’altra sala che raccoglie “immagini ridicole” di oggetti comuni su fondi astratti e dalle composizioni geometriche. In un’altra sala attirano sette specchi, sagomati a formare immagini che strizzano l’occhio al design, esposti per la prima volta nel 1978 a New York, nell’esposizione “The Temptation of St. Antony”, con carta da parati creata da Copley, ispirata all’atmosfera di un bordello americano. Seguono cinque opere che rivisitano i motivi e le figure di La Nuit espagnole (1922) di Francis Picabia: suo ispiratore di un linguaggio folk e kitsch. Chiude il percorso espositivo una selezione di acrilici e olii su tela (1984- 1989), dove tra silhouette, nudi femminili, immagini del folclore messicano, scene notturne parigine, citazioni pop-mitologiche popolate da fauni, satiri e ninfe, si riconoscono squarci della Cappella Sistina e il suo autoritratto, e altre citazioni di opere conosciute di pittori europei in cui joie de vivre, sintesi tra arti visive, racconti simultanei e letteratura inscenano l’immaginario di un personaggio esuberante.
William N. Copley Immagine della mostra, Fondazione Prada, Milano Credits: Foto Roberto Marossi Courtesy Fondazione Prada
La Fondazione Prada in concomitanza con la mostra di Copley e a quella dedicata a Betye Sarr, “Uneasy Dancer”, Kienholz, “Five Card Stud”, precedentemente inaugurata, presenta anche una mostra di Tobias Putrih (Kranj, Solovenia, 1972),  intitolata “Slight Agitattion ¼” (fino al 22 gennaio) all’interno della cisterna, a cura del Thought Council della Fondazione, dove quattro installazioni site-specific invitano lo spettatore a interagire con le opere e a modificare la percezione dello spazio.   
Jacqueline Ceresoli

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