09 dicembre 2016

Biennale di Sharjah, per quattro: un sistema “poroso” che, tra artisti blue-chips e riorganizzazione del concept, toccherà anche Istanbul, Beirut e Dakar

 

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Sarà la 13esima Biennale di Sharjah, ma in realtà sarà anche di Dakar, Ramallah, Istabul, Beirut…Perché tra le linee guida dettate dalla curatrice Christine Tohme, c’è anche il ripensare criticamente il ruolo della biennale e riorganizzare la kermesse degli Emirati anche espandendone la struttura, anche in termini di geografie.
E anche partendo dal titolo, “Tamawuj”, che ha una triplice definizione, liquido che sale e che scende per onde, fuido, ondulato. E così, oltre al timing di Sharjah (10 marzo-12 giugno 2017), con le parole chiave – acqua, colture, terra e cucina – a lavorare sulla Biennale come un sistema “poroso” saranno i curatori Zeynep Oz, Lara Khalidi e Ashkal Alwan. Un’agenzia di collocamento per l’arte contemporanea, che ricorda un poco l’idea estesa di Carolyn Christov-Bakargiev utilizzata per Documenta, e che conta qui una serie di 65 artisti, tra cui Allora & Calzadilla, Maria Thereza Alves, Kader Attia, Yto Barrada, Mariana Castillo Deball, Harun Farocki, Raqs Media Collective, Mario Garcia Torres.

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