29 giugno 2017

Che misura hanno le nuvole di Napoli?

 
Surreale, romantico, "storico": Jan Fabre porta il suo "Uomo che misura le nuvole" sul tetto del MADRE di Napoli, facendo dialogare anche una serie di istituzioni

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Lui, Jan Fabre, è uno degli artisti più prolifici, più discussi, e anche più romantici – nel senso vero del termine, non in quello melenso affibbiato al lemma dai media – che gli ultimi quarant’anni dell’arte contemporanea abbiano conosciuto. 
Nato ad Anversa nel 1958, domani il grande performer, drammaturgo, regista, coreografo, disegnatore, scultore torna a Napoli a quasi 10 anni dalla mostra che portò in piazza del Plebiscito i suoi “uomini” che a turno accendo fuoco, piangono e ridono, o che – come nel caso di Anversa, due anni fa – reggono in bilico sul palmo della mano la Croce. All’epoca, il progetto curato da Eduardo Cicelyn e Mario Codognato, si chiamava “Il ragazzo con la luna e le stelle sulla testa”, e metteva in scena una serie di personaggi-autoritratto in bronzo a grandezza naturale, dove ognuno interpretava un ruolo in relazione all’immaginario della città partenopea.
Stavolta, invece, sul tetto del MADRE, con la cura di Laura Trisorio, Melania Rossi e Andrea Viliani, arriverà “L’uomo che misura le nuvole (versione americana, 18 anni in più) 1998 – 2016”.
E il risultato, già lo vediamo dalle foto, è sorprendente: nell’azzurro del cielo sopra Napoli vive la capacità di continuare a sognare, di trascendere il tempo e lo spazio attraverso l’immaginazione, ovvero di quelle caratteristiche che muovono la vera natura dell’arte e del pensiero dell’uomo, della sua continua ricerca di identità e di scoperta dell’eternità, attraverso lo studio degli elementi più effimeri e poetici della natura.
Un’opera che indaga, appunto, anche la capacità e la volontà dell’uomo di catalogare le cose, di nominarle, di far della natura “paesaggio”, di portare il possibile della geometria – in questo caso – nell’impossibilità dell’aria. 
Ispirata dall’affermazione che l’ornitologo Robert Stroud pronunciò nel momento della liberazione dalla prigione di Alcatraz, quando dichiarò che si sarebbe dedicato a “misurare le nuvole”, l’autoritratto è anche un omaggio al fratello minore dell’artista, sognatore deceduto prematuramente. “Fabre tenta costantemente, in effetti, di misurare le nuvole, ammettendo e dichiarando con la sua opera che la tensione verso il sapere ha limiti invalicabili che, però, è possibile accostare e affrontare attraverso la sperimentazione, tendendo a esprimere l’inesprimibile senza tradirne, come lui stesso dichiara, l’intrinseca e fondativa bellezza”, spiegano i curatori.
Ma Fabre, a Napoli, non si ferma al MADRE: il 1 luglio alle 11.30 sarà al Museo e Real Bosco di Capodimonte a inaugurare la mostra “Jan Fabre. Naturalia e Mirabilia”, in dialogo con alcune rarità dell’istituzione, mentre la stessa sera e domenica 2 luglio alle 19, Fabre presenterà in anteprima mondiale la sua nuova produzione teatrale “Belgian Rules/Belgium Rules” al Politeama. E siamo sicuri che anche stavolta, come è accaduto con la recente mostra veneziana dedicata a 40 anni di carriera tra sculture d’ossa e di vetro, sarà difficile non emozionarsi. Nel bene e nel male, alla ricerca di un senso impossibile che possa diventare conoscenza. (MB)

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