21 luglio 2017

Il Centre Pompidou apre una sede a Shangai. Un matrimonio rimandato e inevitabile

 

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Una trattativa complessa, tra protagonisti di un certo peso, tanto che è lecito definirla come il più importante scambio culturale – e non solo – mai stipulato tra Francia e Cina. E alla fine, dopo dieci anni di discussioni, il Centre Pompidou potrà avere una sua sede a Shangai. Tutto iniziò nel 2007, quando il museo francese avviò le trattative per stabilirsi nel distretto di Luwan. Sembrava cosa fatta, la data di apertura già fissata per il 2010 ma, per dissapori tra i due governi, l’accordo decadde. La riapertura definitiva nel 2016, quando il Pompidou organizzò una mostra allo Shanghai Exhibition Centre, “Masterpieces from the Centre Pompidou 1906-77”, puntando ovviamente al massimo risultato, scomodando Picasso, Duchamp e altri nomi ai quali è impossibile dire di no. Tutti contenti e, adesso, il contratto prevede una locazione valida per cinque anni, successivamente rinnovabili, in un’ala del West Bund Art Museum, il centro dedicato all’arte e al design progettato da David Chipperfield, la cui costruzione è iniziata nel 2016, nell’ambito di un più ampio piano di riqualificazione dell’intera zona del Bund, affacciata sul fiume Huangpu. Un piano ambizioso, che ha già portato all’istituzione di due musei, il Long Museum e il Yuz Museum, grazie alla sinergia tra capitali, con una cordata della quale fanno parte il distretto governativo di Xuhui, unità amministrativa di Shangai, e una serie di gruppi privati. 
Caratterizzata dalla presenza di edifici dallo stile coloniale e di strutture industriali riadattate, l’area è stata trasformata in una piacevole, lunga passeggiata, dove zone di verde si alternano a scorci del terziario più avanzato, con le luci del distretto degli affari di Pudong che, di notte, attirano folle di turisti. Il West Bund Museum inaugurerà nel 2018 e, a partire da quella data, anche il Pompidou potrà contribuire alla rivalutazione del quartiere, proponendo il suo programma espositivo sul quale non sono trapelate anticipazioni anche se, secondo alcune dichiarazioni, la volontà congiunta punterà a organizzare almeno 20 appuntamenti, nel corso dei cinque anni, tra mostre ed eventi bilanciati tra arte occidentale e orientale. 
La Cina continua a rinforzare la propria immagine, saltuariamente messa in discussione da artisti dissidenti e censure, puntando su investimenti muscolari, su una capacità economica che, nel Vecchio Continente, non può trovare pari. E il Pompidou, dedicato al contemporaneo, un settore appetibile per i mercati asiatici, e dinamico al punto giusto, è il museo adatto per raccogliere la sfida e anche per rilanciare, visto che, dopo aver aperto due filiali a Metz e Malaga, già ha in cantiere le prossime tappe: Belgio e Corea del Sud.

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