04 agosto 2017

Le ragazze di plastica made in Seoul

 

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Facile pensare alla chirurgia estetica quando si parla di ragazze di plastica. In Corea del Sud è ormai routine rifarsi gli occhi, il naso, piuttosto che la mandibola, per integrarsi in una società tenuta in piedi da modelli di perfezione stereotipati. E questa realtà è ben nota anche dalle nostre parti, in Occidente. Ma le ragazze, o meglio, le bambole di plastica di Nils Clauss vogliono raccontarci un’altra storia. L’obiettivo del fotografo e regista tedesco, infatti, mette a fuoco gli atteggiamenti e le espressioni umane di quei manichini femminili (nella foto in alto) posti all’esterno dei negozi di Seul per attirare e accogliere i clienti, tra movimenti aggraziati che sanno di geisha e messaggi generati digitalmente. Risale al 2005 il trasferimento di Clauss nella capitale della Corea del Sud, dove attualmente vive e lavora. Nel 2015 ha iniziato a lavorare su una trilogia di cortometraggi per offrire spunti di riflessione sulla società coreana dei nostri giorni. Bikini Words è il titolo del cortometraggio incentrato sulla vita da cavie di laboratorio degli operai nelle grandi industrie locali, sul matrimonio visto dalle donne come una via di fuga dalle catene di montaggio, con l’arrivo del primo figlio che impone la rinuncia al mondo del lavoro. E alla relativa indipendenza economica. Last Letters mette in luce, invece, i valori familiari affrontando il tema della perdita prematura di propri congiunti. Il racconto passa in rassegna le storie delle famiglie delle 304 vittime, per la maggior parte ancora studenti, del tragico naufragio del traghetto Sewol, avvenuto il 16 aprile 2014. Plastic Girls (still video in homepage) è l’ultimo atto della trilogia. In questo cortometraggio Clauss ha deciso di dare voce ai pensieri di quelle bambole di plastica, a grandezza naturale, il cui unico compito a Seul è quello di inchinarsi con riverenza, strappando ammiccanti sorrisi ai passanti o ai clienti. I sottotitoli del documentario, della durata di 8 minuti, traducono i pensieri inquietanti della loro personalità umana: “Sono una modella, ballerina e attrice”; “Posso muovere il mio corpo e indossare abiti piuttosto sexy”; e ancora “Posso intrattenermi con le persone e incrementare le vendite dei nostri negozi”. Plastic Girls è “dedicato a chi lotta per l’uguaglianza di genere in Corea del Sud e si oppone alla sessualizzazione dei luoghi pubblici”, come si legge a chiare lettere, nero su bianco, alla fine del corto, disponibile ora su vimeo. (Gaia Tirone)
Fonte: designboom

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