07 settembre 2017

L’arte dell’equilibrio precario

 
Si inaugura oggi a Venezia la mostra Equilibrio Precario / Precarious Balance di Marta Czok e Jacek Ludwig Scarso presso ArteSpazioTempo, nel cuore del ghetto ebraico della laguna veneta. Per una riflessione sulla precarietà della nostra società, tra paure vecchie e nuove

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Paure vecchie che tornano, paure nuove che si affacciano. A Brescia, quattro giorni fa, è stata registrata la morte di una bambina di 4 anni per malaria. Naturalmente c’è una zanzara “colpevole” che, per ora, non si trova. Ma che ci richiama alla mente lo spettro di quella malattia che tra gli altri, il 2 gennaio 1960, a soli 40 anni, uccise il leggendario Fausto Coppi. L’Organizzazione mondiale della sanità (Oms-Who) dichiarò l’Italia malaria free nel 1970. Oggi, tuttavia, se ne torna a parlare. Così come avviene per il terrorismo. Ieri la stagione delle Brigate Rosse (Br), oggi quella dello Stato Islamico (Isis). Tanti punti in comune, non troppi. Però si ripropone la stessa paura degli anni di piombo, anche se probabilmente amplificata. E, poi, tornano a soffiare i venti di una guerra nucleare. A opera di Kim Jong-un, il dittatore della Corea del Nord. Venti che davamo ormai per sopiti. E, in aggiunta, paure nuove. I cambiamenti climatici, i disastri naturali. Non possiamo dire che gli uragani Harvey o Irma siano stati causati dal riscaldamento globale, ma è certo che il riscaldamento ne abbia aumentato l’intensità. 
Non stupisce, pertanto, che un senso di precarietà informi ormai buona parte della ricerca artistica contemporanea. Dove il presente appare, in una polifonia di linguaggi, narrazioni e tensioni, come un territorio instabile e in fibrillazione. Una prova generale di ciò va in scena a partire da oggi a Venezia, nella mostra di Marta Czok e Jacek Ludwig Scarso da ArteSpazioTempo, non a caso intitolata “Equilibrio Precario / Precarious Balance”.
Dopo una prima collaborazione al MACRO di Roma, i due artisti si ritrovano insieme con questo progetto per raccontarci la precarietà della vita: ambedue si avvalgono di palcoscenici intensamente coreografici che catturano lo spettatore con differenti modalità tecniche, lontani ma vicini nella sensibilità del percepire l’esistenza dell’uomo in modo così sfuggevole. E sfuggente.
I lavori di entrambi, i raffinati dipinti dell’una e le pirotecniche sculture/installazioni dell’altro, rappresentano spesso all’apparenza un gioco, che rimanda ad atmosfere anche ironiche. Fenomeni e contesti impensabili, inimmaginabili, dolci follie e sovvertimento delle convenzioni. Probabilmente perché i due artisti sono ormai consapevoli, per usare le parole del poeta polacco Czesław Miłosz, che «l’ironia sa che il mondo è tragico e triste». Ecco allora la ragazza su una fune tesa sui tetti di città (in homepage) dipinta da Marta Czok, oppure l’omino, dai tratti borghesi (prototipo dell’uomo medio), fuoriuscito dal buco di un globo, plasmato da Jacek Ludwig Scarso (in alto). Nell’analisi dei diversi punti di osservazione della realtà, sempre catturata nel suo precario equilibrio, entrambi gli artisti intraprendono un lungo e profondo viaggio verso il raggiungimento di un eventuale equilibrio. Ma come si può raggiungere l’equilibrio in un mondo dove tutto è instabile? I curiosi protagonisti delle loro opere in mostra sembrano pensare a una soluzione. Forse l’anno già trovata. E, prima o poi, la riveleranno anche a noi. (Cesare Biasini Selvaggi)
In homepage: Marta Czok, La fune (2008), dittico, acrilico e grafite su tela, 90 x 170 cm
In alto: Jacek Ludwig Scarso, Hole (particolare) 2017. Polvere di marmo e figure ritoccate a mano, 37 x 32 x 32 cm
 

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