21 settembre 2017

Alle Hawaii ma per lavoro. Annunciato il board curatoriale della seconda Biennale di Honolulu

 

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Honolulu non è solo cielo limpido, mare cristallino e coloratissime tavole da surf. La capitale delle Hawaii ci tiene a mantenere la sua solida economia turistica e, al contempo, vuole giocare le sue carte anche al tavolo dell’arte contemporanea dove, ben cosciente della sua posizione defilata, ha scelto di puntare sulla tipicità geografica di certa ricerca artistica. E su alcuni nomi di sicuro richiamo. La prima Biennale di Honolulu, organizzata dalla omonima Fondazione con il supporto della Howard Hughes Corporation, potente compagnia texana, con investimenti in settori come petrolio e immobiliare, si è chiusa a maggio 2017, è stata curata da Fumio Nanjo ed era incentrata sulla produzione artistica delle isole del Pacifico, dell’Oceania, dell’Asia e del Nord America, con artisti come Lee Mingwei e Yayoi Kusama. 97.000 le visite, un buon feedback da parte dell’indotto e tanta voglia di ripartire subito. 
Per questa seconda edizione, che si terrà a marzo 2019, si fa un passo avanti, coinvolgendo un board curatoriale di tutto rispetto e ben assortito, composto da Nina Tonga, curatrice zelandese, e Scott Lawrimore, direttore per alcuni anni della Jacob Lawrence Gallery, spazio espositivo e centro di ricerca di Seattle. E poi, a dirigere le operazioni, è stato chiamato Jens Hoffmann, tra i plenipotenziari del sistema dell’arte stelle-e-strisce. Oltre all’incarico di direttore artistico della Biennale di Honolulu, Hoffmann attualmente ricopre gli incarichi di: Senior Curator al Museum of Contemporary Art Detroit, Direttore del Programma Pubblico al Jewish Museum di New York, Direttore Artistico della Triennale d’Arte Contemporanea di Cleveland. Le sue giornate saranno piuttosto impegnative e alle Hawaii non andrà per rilassarsi. Nato nel 1974, nella sua fulminea carriera ha dimostrato una incredibile versatilità, passando dal Museo delle Antichità del West, una sua creatura, allo sviluppo, nel 2012, della piattaforma Vdrome, dedicata alla videoarte. 
«La Biennale di Honolulu è un’opportunità di mettere in dialogo il Pacifico con un contesto globale, che trascende il nazionalismo, il regionalismo e l’isolazionismo. Lavoreremo per una seconda edizione che continuerà il successo della prima, ampliando il target e includendo artisti dalle Americhe e dal sudest asiatico», ha dichiarato Hoffmann. Non rimane che prenotare il viaggio. 
In home: Yayoi Kusama, Footprints of Life, 2016, co-presented by Honolulu Biennial Foundation and Ward Village, photo by AJ Feducia

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