19 dicembre 2017

Fino al 14.I.2018 Stefano Arienti, Finestre Meridiane. Intersezioni Con La Collezione Di Villa Croce Musei di Villa Croce, Genova

 

di

La prima opera che s’incontra salendo il grande scalone d’ingresso di Villa Croce è collocata nel vano di una finestra, appoggiata ai vetri ed introduce al lavoro di Stefano Arienti, alludendo per analogia al tema che sottende al progetto espositivo. Le sue Meridiane diventano pretesto per spalancare ulteriori prospettive. Sì, perché la mostra, a cura di Anna Daneri e Francesca Serrati, apre un dialogo articolato e complesso tra il lavoro dell’artista e quello della collezione del Museo. Ottanta opere inedite prodotte tra il 2012 e il 2017, in cui Arienti, partendo dall’osservazione delle ombre che si proiettano dalle finestre nell’interno di una stanza, le traduce in immagine, ricalcandole su grandi carte ed attuando, contemporaneamente, un procedimento di analisi e di sintesi. Interessante il video in cui si vede la genesi dell’opera, l’approccio diretto e naturale con cui l’artista ricalca le forme disegnate dalla luce: un gesto semplice che, però, è in grado di rendere visibile l’invisibile.
L’artista (Avola, 1961) residente a Milano, dove esordisce nel 1985 in una mostra collettiva alla ex-fabbrica Brown Boveri, durante la quale conosce Corrado Levi, il suo primo maestro, si ispira ai movimenti dell’arte povera e dell’arte concettuale. La sua ricerca si focalizza sui processi di relazione con l’immagine e il segno, sull’analisi del sistema con cui viene attribuito agli oggetti un valore culturale o simbolico e sulla rielaborazione dei materiali d’uso comune che, attraverso l’intervento artistico, si trasformano diventando irriconoscibili.
null

Stefano Arienti – Finestre Meridiane. Intersezioni con la collezione di Villa Croce – installation view – credits Anna Positano / Opfot.com

In questa mostra genovese, Arienti si presta con ironia ed acume a mettere le sue carte in dialogo con altri interpreti del contemporaneo, in posizione modestamente subordinata. In un’epoca malata di protagonismo, l’operazione di Arienti è lodevole, non solo perché riflette sul ruolo di mediazione delle immagini, sulle logiche della produzione artistica, ma soprattutto perché permette una sintesi sul concetto di rappresentazione e visione dagli anni ‘30 ad oggi. 
La raffinatezza della produzione artistica di Arienti si sviluppa nella tensione tra la ripetizione modulare di grafismi e l’evanescenza che i suoi soggetti emanano ed è attraverso queste note estetiche che l’artista attribuisce un ulteriore livello narrativo all’ambiente espositivo, caricandolo di un valore temporale sovrascrivibile a quello iconico-semantico. 
Un’idea allargata di mostra in cui prende vita il concetto, oggi forse abusato, di sharing, ma in questo caso nella sua accezione più positiva: le opere condividono spazi, suggestioni cromatiche, storie, valenze contenutistiche, riflettendo sulle problematiche volte a catturare l’ingannevole riflesso della realtà.
La selezione di opere tratte dalla raccolta del Museo ricostruisce la storia della sua formazione dalle prime opere entrate a farne parte, come la tela di Enrico Paulucci, a quelle dei grandi nomi dell’astrattismo storico della collezione di Maria Cernuschi Ghiringhelli (Bonalumi, Dorazio, Fontana, Munari, Reggiani) e poi i lavori provenienti dalla collezione del Lab, il Laboratorio della Bassa Lunigiana, le donazioni degli artisti o delle gallerie private, fino alle ultime acquisizioni legate a interventi site-specific, come il pianoforte di Philip Corner, risultato di un atto performativo collettivo Fluxus.
Le carte di Arienti sono esposte in un gioco di continue sovrapposizioni, interazioni, diventano lo spazio di fondo sulla quale attivare nuove relazioni tra le opere e tra queste ed il fruitore, in una sequenza potenzialmente infinita. Come suggerisce lo stesso autore “le opere si dispongono con molta libertà, senza rispettare criteri museografici, ma favorendo il ritmo dell’attenzione e della scoperta”. Un procedere gioioso, a tratti caotico, ma che rende bene l’idea di come la storia dell’arte sia fatta di rimandi, incontri, di come sedimenti nei luoghi e diventi parte di un bagaglio visivo condiviso che inevitabilmente ritorna, soggiacendo nella nostra memoria. 
Flavia Motolese
mostra visitata il 15 ottobre 2017  
Dal 15 ottobre 2017 al 14 gennaio 2018
Stefano Arienti – Finestre Meridiane. Intersezioni con la collezione di Villa Croce
a cura di Anna Daneri e Francesca Serrati
Museo d’Arte Contemporanea “Villa Croce”
Via Jacopo Ruffini 3 – 16128 Genova
Orario: giovedì e venerdì 11 – 18.30; sabato e domenica e festivi 10 – 18.30
Info: tel. +39 010 580069 / 585772; museo@villacroce.org; www.villacroce.org

LASCIA UN COMMENTO

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui