09 febbraio 2018

L’arte e il suo falso

 
Intervista a Luca Giacopuzzi e Alessandro Nicola, avvocato e restauratore, per chiarire l'aspetto spinoso e affascinante della contraffazione. Con qualche consiglio per tutelarsi

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Mentre continuano le polemiche sui falsi, non solo quelli della mostra di Modigliani a Palazzo Ducale di Genova, con il coinvolgimento di curatori famosi, fondazioni prestigiose, e collezionisti internazionali, è giusto fare alcune riflessioni sull’argomento dei falsi nel mondo dell’arte, non una novità di questi anni e nemmeno di questo secolo. Sicuramente il mercato dell’arte ha subito una brusca accelerazione, diventando un settore sempre più complesso dove gira una notevole quantità di denaro (basta pensare alle recente vendita del Salvator Mundi di Leonardo da Vinci per 450 milioni di dollari, acquistato da un principe saudita non poi così famoso) e dove l’occhio attento dell’esperto d’arte può essere ingannato, mentre anche l’intervento della scienza non offre certezze assolute, perché se garantisce l’autenticità dei materiali, non conferma l’autenticità dell’opera: «Sgombriamo il campo da un equivoco: il mondo dell’arte non è una giungla – spiega Luca Giacopuzzi, avvocato esperto in diritto dell’arte e art advisor – i falsi sono sempre esistiti, ma più che di un numero crescente di falsi, parlerei di maggior attenzione per questi. Il motivo è duplice: oggi intorno al mondo dell’arte vi sono interessi economici diversi dal passato, in quanto tempo addietro l’equazione “opera d’arte – forma d’investimento” non reggeva; secondo perché oggi le opere proprio per le plusvalenze che possono generare, circolano di più rispetto al passato. Ed è evidente che a più passaggi di mano, conseguono maggiori controlli sull’autenticità».
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Sarcofagi egizi e tele di grandi dimensioni nel salone centrale
Esiste una strategia per tutelarsi dai falsi? 
L.G: «Il primo consiglio è banale: studiare, e approfondire. Quindi a monte, e non a valle di ogni acquisto, è opportuno verificare, documenti alla mano, che l’opera oltre che di lecita provenienza, sia anche autentica. Anzitutto pretendendo una dichiarazione di autenticità da parte dell’artista, o di un certificato di archiviazione da parte dell’archivio di riferimento. Ci sono poi ulteriori indici: l’inserimento di un’opera nel catalogo generale è, per il mercato, quasi una patente di autenticità, oppure la provenienza da una galleria prestigiosa può rassicurare». 
Accanto ai consigli dell’esperto legale, anche la scienza ha un ruolo fondamentale per raccontare la storia di un’opera, con le sofisticate analisi diagnostiche, e qua si spazia tra macchinari a raggi ultravioletti, per fare riflettografia e infrarossi; e ancora dal videomicroscopio a fibre ottiche all’endoscopio, fondamentali per ricreare la storia dell’opera ogni dettaglio: «Innanzitutto è giusto chiarire alcuni concetti. Esitono tre tipi di falsi – sottolinea Alessandro Nicola, architetto e restauratore del laboratorio Nicola Restauri di Aramengo, vicino ad Asti – il più semplice è il falso falso, quello dove non esiste la stessa tecnica dell’originale, e qui basta e qui basta un’analisi con un video microscopio per rilevare le imperfezioni; poi il falso vero, un’opera realizzata utilizzando una tecnica antica, ma con materiali del momento, storicamente lontani da quelli dell’originali; a noi era capitato un Fernand Léger che doveva essere degli anni Quaranta, ma l’analisi del carbonio 14 contenuto nei materiali non era compatibile con quel periodo, quindi si trattava di un falso. Poi c’è il vero falso, dove viene utilizzata la stessa tecnica e gli stessi materiali dell’originale, e questo è il più velenoso da svelare, solo un incrocio tra analisi storica, scientifica e artistica può portare alla non conferma dell’autenticità dell’opera».
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Esame XRF portatile
Torniamo a Modigliani, perché tanti falsi?
A.N.: «Tutti gli artisti famosi che hanno determinato nuovi codici stilistici sono stati molto copiati,  generando anche la produzione molti falsi. Nel nostro laboratorio sono passate moltissime opere, ma mi piace ricordare un caso un po’ diverso, un buono sotto il falso, avvenuto una quindicina di anni fa, quando era entrata un’opera antica senza attribuzione, un soggetto sacro. Sotto il trittico si è svelata l’opera di un grande maestro; proprio in qui giorni era passato da noi Federico Zeri, e aveva subito capito che si trattava della mano di Antonello da Messina: una sorpresa emozionante».
Si sarebbe potuto evitare il pasticcio dei falsi Modigliani a Genova?
A.N.: «Per organizzare una mostra come quella di Genova passano anche un paio di anni dalla progettazione all’esposizione, c’è dietro tutto un mondo fatto da assicurazioni, trasporti, fideiussioni, tutte operazioni importanti e costose; può capitare una svista, ma oggi esistono gli strumenti necessari per evitare grandi errori».  
Bettina Mignanego Bush

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