20 marzo 2018

Fino al 25.III.2018 La Rivoluzione Russa. Da Djagilev all’astrattismo (1898-1922) Palazzo Attems-Petzenstein, Gorizia

 

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Se tre anni fa Villa Manin aveva esposto l’ “enciclopedica” collezione di Costakis, sensibile mecenate russo che salvò gran parte dell’arte ‘degenerata’ del suo Paese, Palazzo Attems a Gorizia fa un passo indietro e, — a cent’anni dalla Rivoluzione d’Ottobre —, ripercorre lo stravolgimento storico ed artistico vissuto dalla Russia di quegli anni. Un viaggio suddiviso in sei tappe, che vanno dal 1898 al 1922, incentrato soprattutto sulle figure di Sergej Djagilev (1872-1929), Michail Larionov (1881-1964) e Natal’ja Gončarova (1881-1962). È infatti proprio il primo di questi tre a fondare, nel 1898, Mir iskusstva (Il Mondo dell’arte), gruppo e rivista che scavalca i più tradizionalisti Ambulanti e segna un’importante evoluzione nel campo della grafica russa. Djagilev, impresario visionario e lungimirante, nonché ideatore dei Balletti Russi, si prefigge da subito un rinnovamento delle arti caratterizzato da una fusione fra Oriente, tradizioni e Occidente. Un’opera d’arte totale, in grado di inglobare danza, teatro, musica, poesia e arti visive. Così, se le prime sale ospitano ritratti di poeti dalla pennellata distesa a macchia (Nikolaj Ul’janov, Ol’ga Della Vos-Kardovskaja) e paesaggi solo all’apparenza classici (Alexandr Benois), che rimandano ad un verismo quasi corottiano (Konstantin Somov, Nikolai Krymov), mano a mano che si procede, il segno diviene sempre più stilizzato, quasi graffiato. Gli straordinari bozzetti di Larionov per la scenografia del balletto Fiabe russe, denotano, oltre ad una trivialità scomposta e un senso del movimento tipici delle ricerche cubiste e futuriste, la sproporzione degli arti tanto cara a Rodin. La fusione di tutti questi elementi, e l’aggiunta della componente mistica, che aveva caratterizzato anche i simbolisti di seconda generazione della Rosa Azzurra, — della quale l’artista, a mio avviso più lirico e delicato, è Pavel Kuznecov (1878-1968), in mostra con Nella steppa —, porteranno allo sviluppo di un Neoprimitivismo, che vedrà in Larionov e Gončarova i massimi rappresentanti. Irriverenti, spigolosi, dileggiatori, essi amavano animare le loro tele di riferimenti all’arte sacra, popolare, infantile, naïf. Melange questo che dà vita, come nel caso dell’inquietante ed ironica Musa Trionfale di Larionov o ne La vergine sulla bestia di Gončarova a scenari tribali, influenzati da una matrice espressionista, più che cezanniana. Dopo un’intera sala totalmente dedicata alle stilizzate litografie in bianco e nero di Gončarova, si passa, nella successiva, alle nature morte. 
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Aleksandra Ekster: Composizione. 1914. Olio su tela. 91,3 х 72,5. Mosca, Galleria Tret’jakovskaja

A spiccare, sono qui le irreali fattezze dei canestri di frutta, i colori accesi dei violenti Girasoli, sempre di Gončarova, e un tratto ancora più marcato che ricerca la sintesi formale. Fra i primi a raggiungerla, (oltre al padre dell’astrattismo, qui presente con Lago) in una modalità assolutamente personale, Georgij Jakulov (1884-1928). Ammaliato dal simultaneismo di Delaunay e vicino alle diffrazioni luminose di Feininger, Jakulov dà vita, in Bar, ad una circolare e caleidoscopica scenografia raggista dominata dal movimento e dalla caoticità della vita moderna. Siamo a cavallo fra il 1910 e il 1913, anni in cui in Russia si svilupperanno il cubofuturismo, il raggismo, seguiti da suprematismo e costruttivismo, che renderanno l’arte sempre più sintetica. Nonostante dopo gli anni Dieci, Vladimir Tatlin (1885-1953) e Kazimir Malevič (1879-1935), siano le figure dominanti, l’esposizione vuole dedicare uno spazio maggiore ad opere ed autori meno conosciuti, ma soprattutto alle donne. Alle ‘Amazzoni’, che in Russia ricoprono un ruolo particolare, sia nelle arti che nella poesia. La terz’ultima sezione è infatti ad esse dedicata. Ol’ga Rozanova (1886-1918), Nadežda Udal’cova (1886-1961), Ljubov’ Popova (1889-1924), Varvara Stepanova (1894-1958), Vera Pestel’ (1887-1952) e Aleksandra Ekster (1882-1949), avevano tutte soggiornato, — così come la Gončarova —, a Parigi. Forti, risultano essere, pertanto, le influenze del cubismo, anche se il colore, tratto predominante dell’arte russa, non si perde mai. Anzi, è proprio questo elemento che mantiene il legame con il passato bizantino e le lisergiche architetture barocche. Ma le Amazzoni non sono solo artiste, sono anche scenografe, costumiste, mentre la Ekster fu fondatrice dell’Art Decò. Non mancano in mostra i progetti per tessuti, per lo più anonimi, le borsette in seta e oggettistica di vario genere, dalle tabacchiere, alle scatolette, dalle tazze in porcellana ai vassoi, tutti rigorosamente decorati e anch’essi portatori della liberazione. ‘Liberi tutti’ è infatti il titolo dell’ultima sezione, quella che segna il colpo di coda di questo fervido periodo, marcato da un rinnovamento che ha investito la politica e le arti, generando una vera e propria rivoluzione globale e quello sconfinamento dell’arte che oggi chiamiamo “espansa”. 
Eva Comuzzi
mostra visitata il 19 dicembre 2017
Dal 21 dicembre 2017 al 25 marzo 2018
La Rivoluzione Russa. Da Djagilev all’astrattismo (1898-1922) 
Palazzo Attems-Petzenstein, Gorizia
Orario: da martedì a domenica dalle 10:00 alle 18:00
Info: musei.erpac@regione.fvg.it / musei@provincia.gorizia.it

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