13 giugno 2018

Palermo, Shimamoto e De Dominicis

 
Si inaugurano oggi a Palermo le retrospettive di Shozo Shimamoto alla Fondazione Sant’Elia e di Gino De Dominicis a Palazzo Belmonte Riso, entrambe sospese tra libertà e trasgressione intellettuale

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Oggi a Palermo è giornata di due opening di peso. E, c’è da aspettarselo, calamiteranno l’attenzione del pubblico, sia locale, sia delle schiere di turisti, addetti ai lavori e semplici appassionati d’arte che, giorno dopo giorno, qui si stanno infoltendo. Non credo, poi, che la minaccia di una giornata di pioggia, annunciata dalle previsioni e, a giudicare dalle prime ore dall’alba, forse più che probabile, scoraggerà molti. Un’ampia retrospettiva su Shozo Shimamoto dal titolo “SPAZIO NEL TEMPO”, a cura di Achille Bonito Oliva, si inaugura alle ore 18 alla Fondazione Sant’Elia, dove resterà fino al 6 agosto. In questa occasione, per la prima volta in Italia, verranno esposti anche i lavori su carta degli anni Cinquanta.
Un’ora dopo, alle ore 19, apre invece i battenti “GDD – Genio della dimensione”, il progetto espositivo dedicato a Gino De Dominicis curato da Vittorio Sgarbi a Palazzo Belmonte Riso, aperto fino al 26 agosto. Anche qui, è preannunciato qualche lavoro inedito, come “Guerriero”, una sagoma in foglia d’oro proveniente da una collezione privata siciliana ed esposta per la prima volta al pubblico. 
Queste due esposizioni, che sembrano avere poco in comune, hanno invece più di un’affinità elettiva nell’opera dei due artisti protagonisti. Entrambi, infatti, hanno praticato un’arte “estrema” permanentemente sospesa tra libertà e trasgressione intellettuale.
Per l’artista giapponese un colore senza materia non esiste. Se in procinto di creare non si getta via il pennello, non c’è speranza di emancipare le tinte. Senza pennello le sostanze coloranti prenderanno vita per la prima volta. Al posto del pennello si potrebbe usare con profitto qualsivoglia strumento. Per iniziare, le nude mani o la spatola da pittura. E poi ci sono gli oggetti adoperati dai membri di Gutai, il suo gruppo di appartenenza: annaffiatoi, ombrelli, vibratori, pallottolieri, pattini, giocattoli. E poi ancora i piedi, o le armi da fuoco, o altro (Shozo Shimamoto, Bollettino «Gutai», n.6 Ōsaka, 1957).
De Dominicis non è un provocatore da meno, al punto da scrivere, per esempio, nella sua famosa “Lettera sull’immortalità del corpo” (1969): «Penso che le cose non esistano. Un bicchiere, un uomo, una gallina non sono veramente un bicchiere, un uomo, una gallina, sono soltanto la verifica sulla possibilità di esistenza di un bicchiere, di un uomo, di una gallina. Perché le cose possano esistere bisognerebbe che fossero eterne, immortali».
Libertà e trasgressione intellettuale non sono solo i binari che attraversano i due progetti espositivi odierni a Palazzo Belmonte Riso e alla Fondazione Sant’Elia. Probabilmente, infatti, contribuiranno a informare la dorsale di mostre, eventi che, a partire dalle prossime ore, e per tutto l’opening week di Manifesta 12, deflagreranno nel capoluogo siciliano. Sarà interessante assistere a questo caleidoscopio pirotecnico, e a quanto riuscirà a innescare su un territorio complesso come quello di Palermo, fertile di secoli di integrazione etnica, culturale e religiosa. Dove le differenze persistono, le identità non si annullano, ma non rappresentano fattori divisivi. Coesistono tanto da diventare autoctone. Come sintetizza la metafora del “Giardino planetario” proposta dai curatori della tappa siciliana della biennale nomade. Ma non da meno neppure la metafora evocata, a tutte le ore del giorno, dalla tradizione gastronomica locale. In ogni piatto un’esplosione di ingredienti e sapori dall’Africa si spingono in Medio Oriente, amalgamandosi nel capoluogo siciliano. Il tutto perfettamente, e pionieristicamente, “g-local”. Provare per credere. (Cesare Biasini Selvaggi)
In alto e in homepage: Il guerriero, tecnica mista acrilico e foglia oro, 40×40, collezione privata Palermo

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