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Ralf Rugoff ha annunciato il titolo, “May You Live in Interesting Times” con la forza di un vero e proprio manifesto curatoriale, in cui risuona il senso costitutivo dell’espressione artistica, che è la capacità di creare relazioni dove ogni altra forma di linguaggio e di espressione umana divide, polarizza e separa. Una dichiarazione di fede in un modo di fare arte e curatela fondata sull’arte della conversazione, dove è più importante distinguere le sfumature che trovare punti di rottura e di collisione. Ha chiosato Baratta, rispondendo alle domande se questa non fosse una biennale soprattutto politica, che il vero atto politico in tempi come questi è proprio sapere fare un passo indietro rispetto al piano corrente del dibattito. “May You Live in interesting Times” era un motto che circolava nella diplomazia britannica in estremo oriente tra otto e novecento, era attribuita a un detto popolare cinese e costituiva una maledizione, perché i tempi veramente fortunati erano considerati quelli veramente noiosi. Non era mai stato pronunciato da nessun mago cinese, ma divenne una citazione frequente anche per Robert Kennedy, fino ad assumere il significato inverso, sono i tempi difficili quelli della creatività.
Rugoff ha definito impegnativo, ma anche il cuore del suo lavoro, il rapporto con lo spazio espositivo, con la forma fisica della città di Venezia, con le corderie come spazio simbolico in grado di riconnettere l’esperienza individuale al respiro più ampio dei cambiamenti globali, in cui non c’è più possibilità di ignorare cosa succede in luoghi anche molto remoti. Il fallimento di una banca in Minnesota, ha detto, può generare una crisi mondiale del credito; una dispersione di inquinanti in Cina diventa entro una settimana una catastrofe ambientale sulle coste della california. Questo ci obbliga a una relazione diversa, a diffidare e sospettare di qualsiasi atto informativo e manipolativo. A ingaggiare nuove forme di dialogo, e l’arte è esattamente lo spazio dove questo accade. L’arte non è una forma di politica, non è una forma di conoscenza, ed è insieme tutte queste cose perché ha bisogno di contraddizioni per sopravvivere. Non ultimo, questo ha significato anche lavorare direttamente con gli artisti, senza infinite commissioni di ricerca e selezione, lunghe lunghissime chiacchierate, e viaggi.
Dunque, sarà una Biennale del viaggio, del dialogo, della scoperta. Evviva e che possiate vivere tempi difficili nella confusione veneziana degli oltre seicentomila visitatori. Che significa la vera autonomia dai finanziamenti. (Irene Guida)