08 ottobre 2018

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La scoperta di una storia economica nella Roma nel Settecento
Di Simona Sperindei

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C’è tutta la situazione socio-economica e finanziaria della Roma settecentesca nel volume di Renata Sabene, Lavoro e privilegio nella città eterna. Condizioni di vita e potere d’acquisto dentro e fuori le mura vaticane nel Settecento, presentato nel salone monumentale della Biblioteca Casanatense da Angela Adriana Cavarra (Direttore emerito della Biblioteca Casanatense), Donatella Strangio (Università Sapienza di Roma) e Gaetano Sabatini (Università degli studi Roma Tre). 
Il secolo dell’Ancient Regime che fino ad ora aveva richiamato in massima parte l’attenzione degli studiosi sull’Urbe solo per gli aspetti storico-artistici ed architettonici, già avviati da Elisa Debenedetti negli Studi sul Settecento romano, trova oggi il suo completamento grazie alla collana economica promossa dalle edizioni Altavista, strumento attraverso cui affrontare un puntuale percorso storico-sociologico.
L’autrice ha utilizzato la contabilità prodotta nel corso del XVIII secolo dalla Reverenda Fabbrica di San Pietro, istituzione che nasce nel Cinquecento proprio per sovrintendere i lavori di ricostruzione e manutenzione della basilica vaticana. 
La ricerca, che si sofferma sulle condizioni delle maestranze locali, consente la lettura del tessuto socio-economico cittadino e al contempo fornisce una ricostruzione storiografica attraverso il raffronto di altre figure professionali impiegate in diverse istituzioni pontificie quali l’Ospizio Apostolico di San Michele, la Computisteria Generale o la Calcografia camerale.
L’immagine della città pontificia, più volte raffigurata nelle scene quotidiane dipinte nelle tele di Gaspar Van Wittel, Hendrick Van Lint e Giovanni Paolo Pannini, trova concordanza con i dati ricavati nell’ampia rassegna documentaria che testimonia le carriere dei lavoratori e le diverse figure professionali impiegate nell’organizzazione pontificia.
Geatano Sabatini ha rilevato come queste fonti archivistiche forniscano “le indicazioni essenziali per stabilire le condizioni di vita” della società romana e consentano di immergersi in una storia che da quantitativa diviene qualitativa. 
Le diciassette porte dell’Urbe, come la stessa autrice ha evidenziato, permettevano non solo la vitalità economica della città, dovuta al transito delle merci, ma soprattutto la resero un unicum privilegiato, il centro della cristianità, grazie all’arrivo e all’incontro di tutti quegli uomini che nel corso del Settecento vi soggiornarono. 
L’opera è corredata da una ricca e meticolosa appendice che ha il merito di contribuire alla lettura della vita reale nella città papale del Settecento.
Simona Sperindei

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