07 dicembre 2018

Diario di una Biennale al Cairo/4

 
Quarta puntata dal Cairo; calibrando il passo, cercando outfit e svelando paradossi

di

31 ottobre
Sono all’ultima mattina utile per trovare del materiale tecnico, apparentemente semplice ma in realtà complesso, se si non conoscono i negozi e si sa a chi rivolgersi. Arnaud si aggrega a me. 
Camminiamo veloci fra le vie di downtown, nel traffico che non grazia e un inquinamento acustico che non assolve. 
Le insegne commerciali svettano colorate sulle saracinesche dei negozi, qualche blocco di polizia ad intermittenza lungo la via e il passo di Arnaud sempre più lesto. “Bisogna adeguarsi al passo degli altri pedoni” – mi dice – più gli abitanti di una città vanno veloci, più significa che quella città è pericolosa e non devi tentennare”. Ha imparato questa lezione 15enne a New York. Ascolto, rifletto, non so se convalidare, ma non lascio il pensiero decantare e rincaro le gambe. 
Ricerche e richieste di rito, finalmente una nuova USB con me e qualche perplessità sull’mp3. La corsa in auto verso il Darb, poi, rivela un tratto magico di città mai vista: la cittadella del Cairo, un muro imponente fortificato da Salah al Din, primo sultano di Syria ed Egitto, come protezione dai crociati fra il 1176 ed il 1183. 
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Abiti Egiziani
Al Darb artisti e artigiani lavorano nelle botteghe in maniera molto silenziosa e cooperativa. Simon con un tocco leggero controlla l’andamento e dirige con riserbo i lavori. Mi accompagna negli uffici, dove sono contenta di incontrare Ahmed! È lui la voce del lavoro قليل من الطقوس المفيدة تنقذ di Serj. E per questa istallazione sto appunto cercando un impianto audio dignitoso, che possa sostituire il giradischi, apparentemente non recuperabile. Sono tutti al lavoro per l’opening di domani e anche io devo tornare a Dowtown nella polvere e nel caos. 
L’occhio fuori dal finestrino mi svela un mondo di mezzi urbani semi resistente e old school: asini, cavalli e relativi carretti, bus senza porta col vantaggio di poterli prendere in corsa.
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Asino e viaggi
Nel percorso si passa sempre da Piazza Bolivar. Ci sarà un nuovo Bolivar in Egitto? Ad Hoda Shaarawy scosto i tentativi di acchiappo del profumiere e salgo al mio appartamento. È chiuso. Aprirlo è un’azione semplice ma richiede sempre qualche decina di minuti. C’è una sola chiave e bisogna cercarla in un altro edificio e lì cercare il mitico Mohamoud, detentore di scale, vernici, martelli, soluzioni e anche chiavi!
Quando entro, lo stucco sul muro passato la sera prima sembra asciutto, fisso il chiodo. Provo il lavoro di Serj e testo le luci. Sta molto bene la luce soffusa che da fuori proietta una sensazione di lontananza sulla macchina dell’oro. E anche la fonte sonora di dubbia provenienza connota di uno stupore rituale la stanza. Dopo poco arriva Simon e approva la scelta, contro ogni possibile dubbio d’artista. 
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In _ Out
Alle 22.30 chiudo la giornata e vado verso l’Windor. Stuffed grapes leaves e un giro con Tomasz per Dowtown.
La condizione di povertà diffusa fa si che ci sia un mutuo soccorso continuo e collaborativo. Inventarsi un lavoro è pratica apparentemente naturale, la figura del lucidatore di scarpe si può improvvisare facilmente e alla fine della giornata portarsi qualche spicciolo a casa. Ad ogni locale, spunta un ragazzo che ci chiede da dove veniamo, proseguiamo sibilando provenienze e bypassando la sindrome dell’attacchino. Varcato il distretto della Cario by night, entriamo in un negozio d’abbigliamento h 24. In vetrina sono esposti burqa di tantissime varietà, dentro sono in vendita invece abiti succinti, tessuti a rete, paillettes e orli dorati. Ci facciamo tre piani di negozio per trovare un solo burqa in esposizione, e va a finire che non si può provare, perché non lo possono togliere dalla testa-manichino. L’occhio prosegue perplesso e cade sull’outfit sportivo firmato Adidas: capo coperto e maglia larga e fino alle ginocchia, da coprire ogni curva. È il paradosso del controllo del corpo della donna nella cultura araba e medio orientale. 
Buonanotte Tomasz, Buona notte Elena.
Elena Giulia Abbiatici
Continua…

Something Else – Off Biennale Cairo 
(Chief Curator: Simon Njami; Direzione artistica: Moataz Nasr) 
“Polyptoton / πολύπτωτον”, a cura di Elena Giulia Abbiatici 
Fino al 15 Dicembre 2018 
Sede: Darb1718, Cairo. Artisti: Brodbeck & De Barbaut, Sara Enrico, Ryts Monet, Mariagrazia Pontorno, Marta Roberti, Serj, Emilio Vavarella
In partnership con l’Istituto Italiano di Cultura, Cairo. 
Grazie per la cooperazione a Galleria Doris Ghetta, Ortisei; Galleria Passaggi Arte Contemporanea, Pisa; Galleria Operativa Arte Contemporanea, Roma; GALLLERIAPIÙ, Bologna

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